Ormai è sotto gli occhi di tutti: il surriscaldamento globale non è uno scherzo e — nella migliore delle ipotesi — cambierà radicalmente le nostre vite. Ma non in meglio. I giovani devono saperlo, ed è dovere delle scuole informarli. Proprio per questo il movimento internazionale giovanile “Fridays For Future”, nato dall’impegno di Greta Thunberg, propone un “Progetto di educazione civica sulla crisi climatica” per “studenti e insegnanti di tutte le classi ed indirizzi”.
Dalla metà di maggio gli italiani stanno rintanati al chiuso per non esporsi alla calura eccessiva delle ore diurne; il Po è in secca, quasi fosse il Niger; si progetta il razionamento dell’acqua potabile in tutto il Bel Paese (fino a soli dieci anni fa ricchissimo del prezioso liquido). Gli incendi si moltiplicano. Quando piove, fiumi di fango inghiottiscono le automobili, mentre chicchi di grandine grossi come pugni precipitano dal cielo spaccando macchine, vetri, tegole, teste. I tornado (un tempo tipici del Texas) sono diventati frequenti in tutta la Penisola, fino a 40 anni fa nota per la mitezza del suo clima.
I morti per la catastrofe climatica si contano già milioni in tutto il pianeta. A decine di milioni i profughi climatici.
Eppure nulla si fa (se non annunci, pubblicità di auto elettriche ed inviti tornare al nucleare!): né a livello politico per cambiare modello di sviluppo e di approvvigionamento energetico, né a livello mediatico per avvertire e persuadere del pericolo — sulla base dei tantissimi dati scientifici a disposizione — la massa dei cittadini (che restano in massima parte indifferenti, o preoccupati di ben altro).
È urgente impegnarsi personalmente per invertire la rotta. È impellente la necessità di pretendere dalle istituzioni l’avvio di una politica che salvi il salvabile: per esempio non sovvenzionando più i combustibili fossili; finanziando invece solo la produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili; promuovendo il risparmio energetico; eliminando gli sprechi.
Nulla di tutto ciò è stato fatto in Italia. Così come non vengono ricostruiti gli acquedotti, che perdono in media almeno il 40% del contenuto. Tanto da far sorgere il sospetto che i gestori delle reti idriche non abbiano ancora deciso se per loro sia più conveniente rifare gli acquedotti o accettare le perdite d’acqua (anche perché quasi un italiano su tre riceve l’acqua potabile da aziende che hanno tra i propri azionisti anche soggetti privati, i quali perseguono interessi privati malgrado il referendum del 2011, che riservò l’acqua alla gestione pubblica).
Va combattuta l’agricoltura intensiva, che rende improduttivi i terreni e sperpera l’acqua per produrre non cibo per tutti, ma mangime da destinare a milioni di capi di bestiame spremuti in allevamenti intensivi (per di più brutali, disumani ed antigienici come lager, e quindi dannosi alla salute umana). Va fermata la deforestazione finalizzata al business (utile solo a ingozzare i nostri figli di merendine e hamburger). Urge arrestare l’avanzata del cemento che, consumando il suolo, distrugge biodiversità e compromette il futuro di tutti. È assolutamente necessario creare reti idriche differenziate per l’acqua potabile, usandola solo per usi alimentari (mentre oggi la sprechiamo anche per scaricare il W.C. e per lavare strade e autoveicoli).
I giovani devono capire che tipo di mondo e di paese stiamo lasciando loro. È il minimo che, come adulti, possiamo fare per loro, incapaci come siamo di impedire il peggio. La Scuola è l’istituzione che deve far crescere in loro la coscienza di questa drammatica realtà. Spetta alla Scuola il compito di essere in controtendenza rispetto agli errori/orrori del secolo: nella speranza che almeno i giovanissimi siano un giorno più bravi di noi nell’impedire il suicidio collettivo.
Ecco perché il progetto di “Fridays For Future” mira a diffondere consapevolezza sul tema della catastrofe climatica «in maniera prevalentemente divulgativa, approfondendo di volta in volta questioni più specifiche nella misura concordata con gli insegnanti».
Verranno proposti temi inerenti a tutte le discipline. Alcuni esempi: l’effetto delle mobilitazioni per il clima sulle scelte politiche; migrazioni climatiche e impatto della crisi climatica sui diritti (storia); origine del cambiamento climatico nella storia e responsabilità dei singoli Paesi (storia); conseguenze della crisi climatica su società umana, biodiversità ed ecosistemi (fisica, scienze, storia, geografia); trattati e conferenze sul clima e prospettive di breve e lungo termine (storia); paesi e popolazioni più vulnerabili (storia, geografia); energia: come viene prodotta l’energia che utilizziamo, fonti rinnovabili e fonti fossili, accumuli, l’idrogeno (fisica, scienze); trasporti, impatto di aerei e navi, transizione verso il trasporto pubblico, auto elettrica, bici e mobilità dolce (fisica, educazione fisica); giornalismo come strumento di comunicazione della crisi climatica; climate fiction e altre opere letterarie ispirate dalla crisi climatica (italiano, inglese); legame tra sistema economico e crisi climatica (filosofia); impatto della crisi climatica sui beni culturali, arte come testimone e attrice del cambiamento (arte).
Gli organizzatori, disponibili comunque a svolgere laboratori nelle singole classi, preferirebbero magari «parlare davanti a varie classi riunite, anche per massimizzare il numero di domande e quindi rendere più interessante l’incontro». Varie le tecniche didattiche: dall’incontro con esposizione seguita dalle domande degli studenti, al laboratorio di gruppo, al dialogo con climatologi, giornalisti, esperti dell’associazionismo ambientale.
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