Mai più violenza sulle donne, di nessuna natura o genere. Per la giornata mondiale delle bambine e delle ragazze dello scorso 11 ottobre sono state tante le manifestazioni organizzate in tutto lo Stivale che hanno voluto sensibilizzare tutti gli Italiani contro la violenza sulle donne.
Tra le tante ci piace citare l’iniziativa dell’associazione “Donna e Diritti” che ha dato vita ad un concorso per le scuole elementari. In particolare, ai bambini viene chiesto di fare in disegno, scrivere una poesia o comporre una canzone rap ispirandosi alla storia di Franca Viola.
L’associazione “donna e diritti” è stata fondata qualche anno fa da un gruppo di professionisti del diritto e della Psicologia e si batte per la tutela e la promozione dei diritti dei più deboli.
Franca Viola è stata la prima donna a ribellarsi alle leggi che consentivano il matrimonio riparatore e il delitto d’onore che di fatto legittimavano la violenza sulle donne. Tutto questo succedeva non secoli fa ma nel 1965, lei è stata la prima donna a soli 17 anni ad avere il coraggio di denunciare il suo stupratore grazie anche all’appoggio della famiglia innescando di fatto una serie di reazioni a catena che ha portato poi anni dopo all’abrogazione della legge.
Dopo essere stata rapita e violentata da Filippo Melodia, Viola si è opposta al matrimonio riparatore voluto dalla famiglia di lui chiedendo che si mettesse fine ad una pratica patriarcale che costringeva le donne a sposare e a convivere con i loro carnefici per salvare l’onore e il buon nome della famiglia.
Ci sono voluti tanti anni di discussioni e dibattiti (e ben 16 anni di processi) prima che il suo gesto coraggioso portasse all’abolizione dell’articolo 544 che di fatto assolveva gli stupratori se sposavano le loro vittime. Sembra passato un secolo invece sono solo 40 anni! Il Codice penale italiano prima del 1981 era fortemente patriarcale, basti pensare che era consentito il “delitto d’onore”: un uomo che sorprendeva una donna della famiglia a intrattenere una relazione extra coniugale poteva ucciderla insieme all’amante senza che venisse incolpato.
La donna era vista “come proprietà dell’uomo”, completamente annullata nei diritti e nei comportamenti.
Quel processo si è snodato in alcune tappe fondamentali che hanno stravolto il diritto italiano anche grazie alla forte spinta di un gruppo di agguerrite parlamentari della legislatura in carica in quegli anni. Una di queste era Romana Bianchi, eletta deputata per quattro volte nelle fila del Pci, che nel 1981 aveva 37 anni. “C’era un clima particolare“, ricorda l’Onorevole Bianchi in un’ intervista su MarieClaire.
Con le elezioni del 1976 erano entrate in Parlamento molte donne giovani, alcune meno che trentenni, tutte reduci dal referendum per il divorzio del 1974. “Il divorzio è stato uno spartiacque per le donne italiane perché per molti il risultato fu una sorpresa, ignoravano che il ‘modo di pensarsi’ delle donne fosse cambiato così profondamente”.
Un mutamento culturale arrivato per tappe, la prima di queste era stata l’autorizzazione alla vendita in Italia della pillola anticoncezionale, nel 1971: da quel momento finalmente le donne potevano decidere se essere o non essere madri. Poi, nel 1975 era stata approvata la famosa riforma del Diritto di Famiglia, che prendeva atto della legge sul divorzio e cancellava la figura del capofamiglia, ponendo i due coniugi sullo stesso livello. Nel 1978 era passata la legge 194 sull’aborto, che dette ulteriore spinta ad altre proposte di legge per abrogare appunto il Delitto d’onore tra il 1976 e il 1979.
Ma il problema non venne affrontato concretamente fino alla legislatura fra il 1979 e il 1983, con la legge le 442/1981 che sancì la fine di questa scellerata imposizione maschile.
La legge 442/1981 approvata il 5 agosto non ha avuto comunque la risonanza di leggi come la 194/1978 sull’aborto o come quella che nel 1996 ha convertito la violenza sessuale da delitto contro la morale a delitto contro la persona. L’opinione pubblica non la discusse come avrebbe meritato, non venne percepita come il grande passo avanti che invece ha comportato.
In Parlamento qualcuno avanzò l’obiezione che togliere il delitto d’onore significava immischiarsi tra moglie e marito; era percepito dai più come una mossa che avrebbe deteriorato i costumi, favorito ulteriormente gli adulteri. E non era un modo di pensare che riguardava solo qualche zona d’Italia come si potrebbe facilmente ipotizzare: era una questione di arretratezza culturale individuale globale che riguardava il Paese Intero, su cui si è dovuti lavorare molto a livello.
Un retaggio culturale che continua a vivere ancora oggi in forma in alcuni contesti e circostanze.
Se in Italia il passaggio culturale è quasi del tutto completato, queste pratiche sono purtroppo ancora legali nel Mondo in 20 Paesi. A dirlo è il rapporto annuale sullo stato della popolazione mondiale dello scorso Aprile dell’UNFPA. In Kuwait, per esempio, è ancora consentito al carnefice di sposare legalmente la sua vittima con il permesso del tutore, in Thailandia il matrimonio riparatore si ha se l’autore ha più di 18 anni e la vittima ha più di 15 anni, se ha “consentito” alla violenza e se il tribunale concede l’unione tra i due.
L’abolizione della legge sul diritto d’onore ha compiuto 40 anni il 5 agosto del 2021, anche se ancora sono forti gli echi che si sentono. Nei processi per femminicidio, è consuetudine sentire ancora l’imputato che la invoca (fonte marieclaire).
Molto è stato fatto a livello culturale ma è evidente che è importante lavorare sulle fasce più piccole di età perché la parità dei diritti delle donne sia un fattore interiorizzato da tutti senza più alcun eco di natura diversa.
“L’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce” (Cit. Franca Viola)
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