L’educazione diffusa è una forma educativa che va oltre la scuola, la supera, se la lascia alle spalle così come è pensata e organizzata oggi, e immette direttamente bambini e ragazzi nelle dinamiche sociali vere, reali, nei luoghi della realtà, dove ogni cittadino vive il suo quotidiano.
I luoghi dell’educazione diffusa si collocano all’interno del tessuto urbano, del territorio, che si popolano di giovanissimi con l’aiuto di guide o mentori.
Queste guide possono accordarsi per creare nel tempo sempre più occasioni di partecipazione e di intervento degli studenti, a partire dai luoghi pubblici di varia natura, dalle ludoteche alle biblioteche, ai teatri, ai musei e molto altro.
Per poi continuare nei luoghi intermedi come strade, piazze, aree verdi e ampliarsi progressivamente al privato disponibile: negozi, officine, cantieri, studi, imprese e così via. Si tratterebbe di costruire percorsi in cui apprendere abilità e conoscenze diverse, sviluppando contemporaneamente capacità di relazione, di negoziazione, di decisione.
Facendo sì che, mano a mano, i percorsi siano sempre più scelti e organizzati dai ragazzi stessi dall’inizio alla fine, in modo da coltivare i talenti e le passioni che progressivamente si affacciano nelle loro vite, ben più ricche e intense che al chiuso di un internamento scolastico. In questo modo è la realtà, con le sue difficoltà e le tecniche che richiede per realizzarvi qualcosa, a dettare l’agenda degli apprendimenti e non viceversa, come accade ora.
Così facendo la motivazione ad apprendere aumenta esponenzialmente, come ampiamente testimoniato da ogni letteratura pedagogica che si rispetti, da Dewey alla Montessori, fino a Freinet, Mario Lodi e via dicendo.
Quanto sopra descritto è una proposta educativa di Paolo Mottana, docente di filosofia dell’educazione all’Università Milano Bicocca per superare i pregiudizi e smetterla di pensare ai bambini e ai ragazzi come soggetti da sottoporre a protezione in ambienti separati da quelli della vita sociale ordinaria.
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