Fare educazione digitale a scuola è divenuta una priorità, come segnalato nelle indicazioni nazionali.
Dagli anni ottanta, in cui Howard Gardner ha iniziato a parlare di intelligenze multiple, a oggi, l’esigenza di lavorare sullo sviluppo armonico dei bambini si sente ancora più forte: non solo perché la pedagogia prende atto che lavorare su una sfera unica e prevalentemente logico-matematica e linguistica, è fonte di discriminazione, laddove vengano favoriti e premiati i bambini con questo genere di competenze, a scapito di altri, dotati magari di brillanti intelligenze emotive, musicali o naturalistiche; ma soprattutto a fronte dell’immersione invasiva nel mondo delle nuove tecnologie e dei nuovi media cui i piccoli e i piccolissimi sono destinati, prima ancora che abbiano imparato ad avere a che fare con lo spazio, con il tempo, con gli altri, con se stessi. Non sanno chi sono e cosa fanno nel mondo ma sanno usare uno smartphone.
Senza volere demonizzare, perché compito del docente è capire e adottare strategie formative adeguate alla realtà, cosa possono fare la pedagogia e la didattica per accompagnare la crescita di un bambino di quattro, sei, otto anni nell’anno venti venti? Fare propedeutica. Preparare i bambini all’uso del digitale il prima possibile, magari fare educazione digitale già dalla scuola dell’infanzia, favorendo prima la riflessione attorno al dispositivo, poi la pratica.
Neanche a dirlo, la didattica ludica in questa fase di sviluppo dell’allievo è “lo” strumento dell’educazione digitale. Con i bambini dobbiamo ragionare in termini di didattica ludica. La letteratura in fatto di buone pratiche è ampia, così come gli argomenti che trasversalmente agli obiettivi possiamo trattare, dal bullismo all’uguaglianza di genere al razzismo. Ma che significa esattamente fare propedeutica con lo strumento della didattica ludica? Non dare nulla per scontato, preparare il campo in modo consapevole. Costruire prerequisiti. Un esempio.
Come vive emotivamente, il bambino, l’essere catturato dallo schermo? Sa distinguere il ruolo passivo di “oggetto” ripreso da quello di “soggetto” che riprende? O ancora: sa comprendere la differenza tra l’essere in rete e l’essere fuori dalla rete? Su ognuna di queste riflessioni (e su molte altre) è possibile giocarci su, sperimentare, ridere a fianco del bambino, per aiutarlo a predisporsi al digitale con la giusta attitudine e atteggiamento. E con cautela.
Per chi volesse approfondire e sperimentare, vi segnaliamo la proposta formativa del nostro docente Rodolfo Marchisio, il 7 e il 14 luglio: “Digibimbi e idee per una didattica digitale nella scuola dell’infanzia e primaria. Motivazioni, proposte e materiali“.
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