La lettura dell’articolo che riportava la richiesta di Novella Calligaris di cambiare il nome della disciplina Educazione fisica avanzata al Ministro Valditara, mi ha favorevolmente colpita. Concordo con quanto dice l’ex nuotatrice e giornalista quando motiva la sua richiesta affermando che lo sport non è solo educazione fisica, ma è di più, è educazione alla vita, cultura, educazione psicofisica. Vorrei intervenire su due aspetti: la questione terminologica (che nome dare a questa disciplina?), e i possibili rischi di riduzionismo nel considerarla solo come sport.
Nella storia la questione terminologica relativa al nome della disciplina che si occupa del corpo umano (quando parliamo di educazione fisica siamo in ambito scolastico), è sempre stata controversa, legata alla cultura e/o all’ideologia del tempo. Con la Legge G.Casati (1861) la “ginnastica” venne inserita fra le discipline obbligatorie del nascente Stato Italiano; nel 1878 il Ministro F.De Sanctis la chiamò “Ginnastica educativa”, estendendo l’obbligatorietà anche alle scuole elementari; nei programmi del 1893 (Ministro F.Martini) compare il nome di “Educazione fisica”.
Col fascismo l’insegnamento dell’educazione fisica rimase obbligatorio ma la sua organizzazione venne affidata ad un ente esterno al Ministero della pubblica istruzione (dal 1929 Ministero dell’Educazione Nazionale), dapprima all’Ente Nazionale per l’Educazione Fisica (E.N.E.F., 1923-1927), in seguito all’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.,1926) e alla Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.,1937).
Dopo la seconda guerra mondiale l’educazione fisica fu caratterizzata da un forte indirizzo sportivo per via della collaborazione col C.O.N.I. (Legge A. Moro del 1958). Le scienze motorie e sportive comparvero con la Legge L. Moratti del 2003 per ogni ordine e grado, ma successivamente, nel 2012 nel 1 ciclo si ritornò alla terminologia “Educazione fisica” (tutt’ora presente) mentre nel 2 ciclo e in ambito universitario rimase quello di scienze motorie e sportive. Tale situazione generò e genera tuttora una grande confusione. Basti pensare al disorientamento causato dalla recente introduzione dello specialista di Educazione Motoria nella scuola primaria (Legge finanziaria n. 234/2021) che per alcuni è una disciplina diversa da quella già esistente e normata dal D.M.n.254 del 2012 in cui compare come Educazione Fisica.
In secondo luogo segnalo alcuni rischi di riduzionismo che si potrebbero verificare se questa disciplina fosse affiancata esclusivamente al costrutto sport.
1. Scambiare la parte per il tutto. Il senso del concetto di sport non comprende tutta la varietà degli ambiti di riferimento delle scienze motorie e sportive, perché queste si estendono anche alla pratica dell’esercizio fisico per scopi ludici, non agonistici, di benessere e salute personale, di espressività individuale, ecc.. A tal proposito ricordiamo che nella scuola la normativa del 1 ciclo (DM n. 254/2012) fa riferimento a quattro nuclei concettuali fra i quali vi è anche quello dello sport, ma non è l’unico.
2. Leggere la disciplina in modo funzionale rispetto ad altri fini, per esempio la salute e il benessere generale. Soffermarsi solo sullo sport per i benefici che reca alla persona nei termini di educazione, vita e salute è giustissimo ma potrebbe distrarre da una visione di questa disciplina più ampia, il cui apporto è e rimane a 360 gradi, imprescindibile e unico, che nessun’altra disciplina scolastica può offrire.
Concludendo, pensiamo che il termine più adeguato per questa disciplina sia quello di Scienze Motorie e Sportive perché i contenuti che la sostanziano provengono da un insieme molto ampio di scienze della natura (anatomia, fisiologia), e umane (pedagogia, psicologia), e che il fatto di essere “educativa” costituisca un fine cui tendere, non certo una garanzia data dal solo nome della disciplina.
Marisa Vicini
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