Si è svolto il 1° giugno a Roma il convegno promosso dal Giscel per celebrare i 50 anni dalla nascita dell’associazione (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica).
Pubblico numeroso (sia in presenza che on line), attento non solo a “ricordare” ma soprattutto a interrogarsi su cosa si debba fare ancora oggi per rendere davvero “democratica” l’educazione linguistica.
Una bella sintesi la fa il linguista Alberto Sobrero, per 40 anni docente presso l’Università del Salento, con un intervento pubblicato nel sito del Giscel.
Sobrero ricorda che nelle Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica, documento fondante del GISCEL al quale aveva lavorato in particolare Tullio De Mauro, sono richiamati i limiti principali del modello “tradizionale” di “fare lingua”:
Dagli anni ’70 molta acqua è passata sotto i ponti e certamente alcuni limiti sono ormai superati, ma, secondo Sobrero, quando si parla di educazione linguistica, c’è ancora bisogno di aggiungere la parola “democratica”.
“Lo strato più profondo, la quintessenza della scuola italiana – scrive Sobrero nella sua nota – non è cambiata, o lo è stata solo marginalmente, non ostanti i Programmi e le Indicazioni ministeriali, gli studi di psicolinguistica, di didattica e di docimologia, di sociolinguistica e di pedagogia, quasi tutti allineati, sia pure tardivamente, con le posizioni GISCEL”. “Ancora oggi – aggiunge – in molte, troppe scuole italiane si continua a fare educazione linguistica solo nelle ore di Italiano, si privilegiano di gran lunga le abilità di scrittura rispetto all’orale, al quale si riserva più un fine valutativo che educativo, si dà poco spazio a forme di scrittura diverse dal classico tema (che ha sempre un posto privilegiato, del tutto sproporzionato al suo ruolo nella comunicazione ordinaria), e in troppi insegnanti è ancora molto forte – spesso vincente – la tentazione di limitarsi a porre il timbro ‘giusto’ o ‘sbagliato’ su qualunque produzione linguistica, e di valutare solo in modo negativo gli errori, cioè – ancora una volta – di far prevalere la funzione del giudicare su quella dell’educare”.
Ma c’è di più, perché “la realtà linguistica di partenza dei ragazzi, che era un problema sostanzialmente di lingua / dialetto, oggi si è notevolmente complicata, con l’aggiunta della ‘lingua dei nuovi italiani’, di recente immigrazione; ma le strategie per affrontare le nuove dimensioni di questo problema sono ancora occasionali e volontaristiche, quando non assenti”.
Tutto questo – è stato ribadito durante il convegno – dovrebbe essere più che sufficiente a spiegare perché è ancora vitale il messaggio del GISCEL, il quale mira proprio a superare queste difficoltà attraverso una concezione democratica e solidale della società, dalla quale discende una prassi educativa coerente.
“Siamo arrivati a tagliare un traguardo importante come quello di 50 anni di intervento e studio nel campo dell’educazione linguistica – ci spiega la segretaria nazionale Francesca Gallina – perciò ci sembrava opportuno e doveroso organizzare un convegno in cui commemorare una ricorrenza per tutte e tutti noi importante, direi storica. Volevamo però che fosse anche una occasione di riflessione sulle idee e sui principi di educazione linguistica democratica che hanno animato l’associazione dagli esordi a oggi, su alcune delle questioni linguistiche ed educative che attualmente ci sembrano più urgenti, su quali prospettive si aprono nel presente e verso il futuro”.
“E’ stata davvero un’occasione preziosa per riflettere insieme su alcune parole chiave dell’educazione linguistica, da intervento e studio a plurilinguismo, passando per diritti linguistici e democrazia – conclude Gallina – e abbiamo anche discusso di formazione per i docenti e di politiche linguistiche europee, oltre che di opportunità che la partecipazione a un’associazione professionale offre agli insegnanti”.
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