Nel corso di un intervento presso una scuola il ministro dello sport Andrea Abodi ha rimarcato che due ore alla settimana di educazione motoria sono decisamente poche.
Ci vorrebbe almeno un’ora al giorno, ha detto il Ministro.
Ci sembra un’ottima cosa, ma ci permettiamo un paio di osservazioni.
Incominciamo con la questione più banale: già oggi, con due ore settimanali, molto spesso le strutture scolastiche non sono sufficienti e in molti casi le scuole devono servirsi di palestre esterne.
Cosa succederà in un liceo o in un tecnico con 50 classi?
Anche occupando la palestra al massimo, e cioè dalla 8 alle 14 o alle 15, si potrebbero accogliere non più di 6-7 classi al giorno.
Il conteggio quindi è presto fatto: una palestra non è assolutamente sufficiente.
Il secondo problema è legato ai “programmi” e agli orari; per aumentare l’orario delle attività motorie ci sono solo due soluzioni: o si aumenta l’orario scolastico complessivo o si ritoccano gli orari delle altre discipline, con tutte le conseguenze del caso.
Nel concreto: in un liceo scientifico togliamo un’ora di matematica, una di fisica e una di italiano? In un tecnico diminuiamo le ore di inglese e di scienze?
Il problema sollevato dal ministro Abodi è meritevole di approfondimento, così come sono da affrontare molte altre questioni analoghe poste dai più diversi soggetti: c’è chi propone un’ora di educazione stradale obbligatoria, chi parla dell’ora di affettività e chi chiede, legittimamente, di introdurre la filosofia anche nei tecnici e nei professionali.
Tutte proposte ottime e comprensibili che però non tengono conto di un dato tanto semplice quanto incontestabile: la giornata “lavorativa” di uno studente non può aumentare in modo incontrollato.
Forse non ci si rende ben conto del fatto la scuola non può (ma forse neppure deve) dare risposta a “tutti” i bisogni formativi dei giovani; bisogna ragionevolmente prendere atto che nell’ottica di un sistema formativo allargato (cosa di cui si parla da più di mezzo secolo) oltre alla scuola ci devono essere molti altri soggetti coinvolti (associazioni, biblioteche, teatri, strutture sportive e, per chi lo desidera, parrocchie o altri luoghi di aggregazione analoghi).
Pretendere che la scuola risponda a tutto equivale, nei fatti, rinunciare alla qualità e alla incisività dell’intervento educativo e formativo.
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