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Educazione sessuale a scuola, il nuovo programma scatena forti proteste in Belgio. E in Italia? Chi dovrebbe insegnarla?

La scuola, oltre a trattarsi come di consueto di un luogo educativo e di formazione, mantiene degli elementi attinenti all’aspetto identitario dell’individuo tra cui ciò che concerne la sua natura, attitudini, competenze. Ciò fa riferimento a molteplici spettri personali, tra cui il carattere, il rapporto con la società in evoluzione, con gli input esterni e gli aspetti più intimi, tra cui l’orientamento sessuale e le pratiche ivi connesse.

L’educazione sessuale in classe, in particolare, è affidata a livello europeo a docenti di ruolo con specializzazione in pedagogia infantile e discipline correlate; ciò accade in Francia, Belgio e Regno Unito. La seconda realtà, per via dell’introduzione di controversi programmi educativi relativi alla sessualità vede lo svolgimento in diretta di una crisi che ha colto gli aspetti più critici di un sistema non esente da problematiche. Tali programmi hanno colto la pancia di un paese il cui dibattito relativo ai diritti LGBT+ è ancora acceso e crea forti contrasti interni. Gli istituti belgi non rischiano solo attività di diserzione didattica punibili con bocciature o sospensioni bensì veri e propri atti di vandalismo massivo a danno degli edifici nelle aree più critiche del paese.

Vandalismo e proteste ufficiali spaccano il sistema scolastico

Secondo quanto riportato venerdì scorso dai media locali, in Belgio le scuole sono state date alle fiamme o vandalizzate come atto di protesta contro un nuovo programma di educazione sessuale. Alcuni di questi casi sono direttamente collegati al programma appena introdotto dal Ministero EVRAS che ha provocato le ire di alcuni gruppi, ha riferito il quotidiano locale Le Soir. In quattro scuole di Charleroi, nel Belgio centrale, le autorità hanno trovato etichette contrarie all’EVRAS come firma delle azioni vandaliche. Un’altra scuola nella città orientale di Liegi non è stata data fortunatamente alle fiamme ma vandalizzata con cartellini e graffiti ostili al controverso programma. Il Ministro dell’Istruzione Caroline Desir si è recata nella regione di Charleroi per esprimere il suo sostegno al personale docente e alla direzione, nonché agli studenti e ai genitori.

“No, il programma EVRAS non prepara un sistema pedofilo”, ha dichiarato pubblicamente Desir. “No, non prevede di incitare i bambini a cambiare genere. No, non prevede di insegnare loro le attività sessuali.” Il Parlamento della comunità francese di Vallonia-Bruxelles ha adottato la legge su Evras il 7 settembre, nonostante le proteste di vari gruppi. La comunità musulmana ha contestato il programma in un comunicato diffuso il 6 settembre da organizzazioni e associazioni, esprimendo “totale disaccordo” e denunciando la “ipersessualizzazione” a danno degli studenti più giovani. Squadre di esperti si recheranno nelle scuole nell’ambito del programma EVRAS per offrire agli studenti un’educazione sessuale, affettiva e biologica attraverso dei supporti multimediali tramite animazioni. Il progetto si rivolge a 85.000 studenti della regione francofona della Vallonia e 25.000 a Bruxelles.

E in Italia?

A differenza di alcune realtà europee, l’educazione sessuale a livello scolastico pubblico non risulta essere una disciplina obbligatoria nel Belpaese. In realtà nordeuropee – tenendo in considerazione la Svezia – tali tematiche di apprendimento costituiscono un obbligo già dalla metà degli anni ’50. Nel Belpaese si provvede – come dichiarato dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara – all’introduzione di programmi speciali relativi all’educazione sessuale negli istituti scolastici di II grado specie a seguito degli incresciosi eventi di violenza a danno di giovani ragazze avvenuti di recente; il focus sarà relativo alla parità di genere ed alla partecipazione attiva degli studenti. Al momento il programma risulterebbe prolungato al 25 novembre, data relativa alla Giornata contro la Violenza sulle Donne.

Chi dovrà fare didattica sul tema? I docenti sono i primi membri dell’organico designati a tale scopo, ma resta il flagello della formazione diretta circa le delicate tematiche da affrontare in aula. Il coinvolgimento delle famiglie resta cruciale per la buona riuscita dell’iniziativa: il programma “W l’Amore”, adottato già nel 2013 dalla Regione Emilia Romagna, può costituire un interessante seppur basilare riferimento.

Andrea Maggi

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