Non a tutti è concessa un’adeguata formazione circa l’utilizzo di contraccettivi e relativa alle pratiche più sicure per un corretto e sano rapporto. A farlo presente, specie nel Belpaese, sono i dati Eurydice, incrociati con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e delle Nazioni Unite, che asseriscono la formale importanza di condurre una corretta educazione sessuale con molteplici finalità: conoscenza del proprio corpo e potenzialità, miglioramento generale dell’autostima, dialogo e reciprocità. I tabù da abbattere o isolare sono numerosi, specie nelle più profonde società cristiane ove parlare in pubblico di alcune tematiche è considerato inappropriato o addirittura scurrile. In ogni caso, questioni ideologiche a parte, l’educazione sessuale in classe costituisce un vero e proprio diritto formale degli studenti: è sufficiente avere a che fare con le linee guida più recenti dell’ONU e dell’UNESCO ma se non bastasse c’è a sostegno l’Obiettivo 3 dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, che richiede formalmente di “garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare”. Quali standard educativi sono offerti nelle scuole d’Europa?
Presso la Casa Internazionale della Donna in un convegno svoltosi di recente, il presidente AIED Mario Puiatti ha reso noto che sono numerose le realtà europee che non hanno provveduto ad un inserimento regolare dei programmi di educazione sessuale nelle scuole europee. “L’Italia – ha osservato il presidente – è una delle pochissime nazioni in Europa, insieme a Cipro, Bulgaria, Romania e Lituania, Spagna, prive di programmi curricolari nel merito“. Il Ministero della Salute ha rilasciato dei dati utili a comprendere il quadro organico della situazione. In assenza di una formazione adeguata e strutturata, dove gli studenti ricercano le informazioni utili e a chi si rivolgono? I consultori non ammontano a tante unità sul territorio (fatto utile a comprendere l’approccio poco pragmatico delle istituzioni). A tal proposito Puiatti ha aggiunto: “Oggi 8 studenti medi e universitari su 10 cercano le informazioni in ambito sessuale e riproduttivo su internet (solo 1 su 4 chiede in famiglia), ma la stragrande maggioranza (94%) ritiene sia la scuola a dover garantire l’informazione su sessualità e riproduzione: questi i dati dello Studio Nazionale Fertilità presentato dal Ministero della Salute (2019).”
L’UE, attraverso la commissione europea, recepisce tutte le indicazioni ONU, UNESCO e OMS circa i principi e gli obiettivi legati ai diritti di autodeterminazione e di famiglia. Nella loro guida tecnica internazionale sulla sessualità istruzione L’UNESCO raccomanda otto concetti chiave che l’educazione sessuale dovrebbe essere sviluppata intorno a: sessualità, relazioni, sicurezza, salute, cultura di genere. L’UNESCO ha allestito delle linee guida circa l’educazione sessuale in Europa secondo le pratiche adottate nei singoli paesi. Le realtà europee presso le quali tali percorsi non risultano obbligatori sono Lituania, Ungheria, Italia, Spagna e Balcani Orientali (Grecia esclusa). A renderlo noto è un apposito documento Sex education acrossing European Union: an overview, il quale offre un’istantanea organica dei programmi di tale natura in Europa. Al momento la maggiore problematica da affrontare è relativa alla natura facoltativa dei programmi di educazione sessuale, dipendenti dalle singole iniziative dei docenti e dalla partecipazione limitata degli studenti, che in Italia è ai minimi storici.
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