Educazione alla cittadinanza, educazione alimentare, educazione ambientale…oggi l’ambizione della scuola è di rendere gli alunni sempre più “educati”, nel senso più pregnante del termine.
Tra tutti questi orizzonti formativi, istituzionalizzati o meno che siano, ce n’è però uno che suscita ancora una certa perplessità: l’educazione sessuale. Se nessuno mette in dubbio la necessità di svolgerla,ciò su cui ancora ci si interroga è il come svolgerla, di quali strumenti servirsi e quali strategie mettere in atto.
Come porsi di fronte a una classe di adolescenti per dialogare su un simile argomento, da dove partire,cosa dire e cosa non dire in un’era come questa a ragazzi che, secondo l’espressione popolare corrente “ne sanno più di noi”?
Forse il punto di partenza,al contrario, è proprio questo: non dare affatto per scontato che essi sappiano; e partire invece dal presupposto che oggi, nell’imma- ginario collettivo degli adolescenti, il sesso coincide con la mercificazione che ne fanno i social, o tutt’al più con la banalizzazione di certi valori etici e spirituali che caratterizza la nostra epoca.
Dunque la prima questione da mettere in chiaro, con i giovanissimi, è che sesso non è uguale ad amore e non è uguale ad affetto (del resto ricordiamoci che nella scuola l’obiettivo che ci si pone a livello istituzionale, più che l’educazione sessuale,è l’educazione all’affettività).
Chiarito ciò, conduciamo i nostri ragazzi all’esplorazione del loro mondo interiore, aiutandoli a dare una forma concreta ai sentimenti che provano: e cerchiamo di far capire loro che nessun sentimento può essere avvicinato all’amore se non è cementato da valori come la stima, il rispetto e la valorizzazione di un altro individuo (diversamente da ciò, dove finirebbe l’educazione alla cittadinanza attiva?
A scuola tutto ciò che si insegna, se si insegna bene, rientra in una reductio ad unum : dunque anche l’argomento “sesso”). Con questo modesto aiuto si può forse sperare di indurre un alunno ad avere una visione più nitida di tutto quel groviglio di sensazioni e sentimenti contrastanti che caratterizzano l’età adolescenziale; e forse si può combattere il rischio più grave che i ragazzi corrono a quest’ età e che potrebbe “segnare” per sempre, ovvero l’insanabile dicotomia tra la sfera sessuale e la sfera dei veri e propri sentimenti, quelli con la S maiuscola.
I tragici episodi di attualità che vedono ragazzi giovanissimi protagonisti di stupri o violenze di gruppo devono sicuramente indurre noi docenti(ma ancor prima,se mi si consente, i genitori….) a rimboccarci le maniche e a ripartire da zero, guidando l’adolescente a saper ben distinguere le pulsioni propriamente fisiche della sua sfera sessuale dai moti più nobili del suo animo.
Un’ultima riflessione pragmatica: se l’educazione sessuale è un obiettivo trasversale evitiamo di caricare questo fardello sulle spalle dei soli insegnanti di scienze: altrimenti ricadremmo nello stesso errore, poiché l’argomento verrebbe trattato solo sotto l’aspetto fisico e biologico (importantissimo, anzi fondamentale, ma non esaustivo); c’è invece un serbatoio inesauribile a cui attingere, che passa attraverso la mitologia antica, la letteratura, le arti figurative, la musica, il teatro.
Se così non fosse i nostri alunni, schiavi dei social e della banalizzazione contemporanea del mondo spirituale, diventerebbero come i prigionieri del famoso mito di Platone:incatenati da una vita dentro a una caverna, e impossibilitati a girare le spalle, scambierebbero per realtà concreta le ombre che si proiettano su una parete; ignorando il vero mondo dei sentimenti, ridurrebbero la conoscenza a banali immagini fatte solo di contorni.
Nadia Ubaldi