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Educazione sessuale a scuola: sì, no, forse

L’appello lanciato da Lilli Gruber: “Per favore, politici, rendete l’educazione sessuale materia obbligatoria scuola” rischia di innescare polemiche e battaglie morali, o forse più che altro politiche.

Sì, perché quale tipo di educazione sessuale fornire? Ai miei tempi (io sono del ’59) la “educazione sessuale”, se mai si osava toccare certi temi, si riduceva ad ammonire i giovani a non fare “quelle brutte cose” fra uomini e, ovviamente solo per le donne, ad arrivare intatte alle nozze.

Ma oggigiorno? Se si considerano le variegate idee sul sesso che nutre la specie umana, allora bisognerebbe impartire diversi e svariati tipi di educazione sessuale, a seconda dei gusti. Ci sono i tradizionalisti, forse ormai più pochi fra la popolazione autoctona ma ancora molti fra gli immigrati da Paesi con altre culture e altre religioni, per i quali il sesso è solo etero e solo all’interno dal matrimonio, ci sono gli “arcobaleno”, per i quali il sesso può essere etero ed omo e che rifiutano l’idea di famiglia tradizionale. E poi i “gender” e non so quante altre correnti sessuali.

E se una scuola adotta una certa linea di educazione sessuale riscuoterebbe il plauso da una parte e il biasimo dall’altra. Genitori contrari al tipo di educazione sessuale impartito magari non manderebbero più a scuola i figli.

E vi immaginate cosa succederebbe in politica? Ogni partito, corrente, movimento cercherebbe di imporre il proprio modello di educazione sessuale.

Morale? Ne verrebbe fuori uno dei tanti guazzabugli all’italiana. Forse è meglio lasciar perdere e lasciare ai genitori la scelta del tipo di formazione sessuale da dare ai figli.

E che la politica si occupi di questioni molto più importanti e più sentite dai cittadini.

Daniele Orla

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