Periodicamente si torna a parlare di educazione sessuale nelle scuole, anche perché sembra che con Bulgaria, Polonia e Lituania siamo uno dei pochi Paesi europei a non avere una legge su tale insegnamento, lasciando così ai ragazzi di istruirsi sul web o con altri strumenti.
Tentativi ne sono stati fatti tanti, a partire del 1975, poi nel 1980, su proposta della democristiana Tina Anselmi, per infine bloccarsi del tutto e dare possibilità alle scuole di regolarsi a discrezione. Talune organizzano, a seconda delle richieste, corsi tenuti da esperti, con progetti ad hoc, altre lasciano ai docenti la facoltà di farlo.
In ogni caso, l’impressione che se ne ricava è di creare più danno che beneficio, sia perché manca la continuità e sia perché gli stessi esperti spesso hanno un approccio più scientifico che didattico, affastellando alla meglio.
La materia, come è noto, ha ragguagli delicati e dunque chi se ne fa carico informativo e didattico non può improvvisare, mentre anche la Tv entra in questo campo, sfruttando a fini commerciali il grande bisogno dei ragazzi di capire, trovandosi sia in una età particolare e sia a contatto con l’altro sesso giornalmente.
Latitanti anche le famiglie che, se per un verso amano demandare le loro responsabilità, dall’altro sono pronte, con carta bollata in mano, a denunciare qualsiasi peletto che dia loro disturbo.
Aveva detto a sua tempo la senatrice Anselmi: “La causa principale del disorientamento di cui è vittima il mondo giovanile va ricercata in una mancata o errata educazione che pregiudica il soggetto anche in vista del suo comportamento sociale”.