Il deputato della Lega Rossano Sasso, capogruppo in commissione Cultura, Scienza e Istruzione, rivolge forti critiche al Movimento 5 stelle, perché fautrici dell’insegnamento dell’educazione sessuale già nella scuola primaria. Secondo l’on. leghista risulta “sconcertante la proposta delle opposizioni, in particolare del M5s, che nell’ambito di una mozione presentata alla Camera in questi giorni sul diritto allo studio, prevede di inserire tra le urgenze del Paese l’insegnamento dell’educazione sessuale ai bambini delle elementari”.
A ben vedere, però, le Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 parlano chiaro: alla fine della classe quinta l’alunno dovrà “acquisire le prime informazioni sulla riproduzione e la sessualità”. Perché, si legge nelle stesse Indicazioni nazionale, il bambino in crescita formativa deve avere la “consapevolezza della struttura e dello sviluppo del proprio corpo, nei suoi diversi organi e apparati, ne riconosce e descrive il funzionamento, utilizzando modelli intuitivi ed ha cura della sua salute”.
L’on. Sasso sostiene, però, che “parlare di sesso a bambini di 7 anni, con tecnici ‘esperti’, è ormai un’ossessione di sinistra, così come la propaganda gender nelle scuole”.
Quindi, l’ex sottosegretario leghista ricorda che “questo governo ha aumentato lo stipendio ai docenti, ha aumentato le risorse per le scuole meridionali grazie ad Agenda Sud, sta stabilizzando i docenti precari, sta riportando l’autorevolezza a scuola. Dem e pentastellati vogliono insegnare il sesso alle elementari: se proprio ci tengono, lo facciano nelle loro sedi di partito e vediamo quanti genitori sono disposti a portare i propri figli”.
Ma è giusto parlare a lezione, a partire dal quinto di scuola primaria, di temi legati alla sessualità e alla riproduzione? Il popolo della scuola è diviso.
Qualche tempo fa La Tecnica della Scuola ha realizzato un sondaggio, da cui è emerso un certo timore da parte dei genitori e degli stessi ragazzi, tanto che ben in 7 casi su 10 si sono detti contrari.
Anche ggli addetti ai lavori sembrano piuttosto divisi. Ad esempio la dirigente scolastica Anna Raccuia, a capo di un istituto comprensivo del Mantovano, favorevole all’inclusione di questi temi anche alla primaria, ha rifiutato qualsiasi accostamento alla “Teoria gender?”: ascoltata dalla nostra redazione, seguito delle polemiche e delle accuse scatenate dall’associazione Pro Vita, sostenute anche dall’ex sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso, la ds ha respinto le accuse su un presunto “indottrinamento” della scuola nei confronti degli studenti, dal quale i docenti si sarebbero dissociati.
L’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, tra l’altro in modo deciso, ha detto che “educare individui nella loro interezza è un compito difficile ma fondamentale, che spetta alla famiglia, alla scuola e alla società intera”.
“Ma la famiglia – ha proseguito l’ex ‘grillina’ – è un contesto in cui difficilmente si riescono a trattare temi relativi alla sessualità (in chiave anche sanitaria e di tutela della salute) e i ragazzi per questo chiedono proprio alla scuola che dia loro questa educazione, altrimenti noi lasciamo che la sessualità sia gestita dal mercato di Internet e questo è molto pericoloso, perché Internet non insegna l’affettività”.
Il dibattito è in corso anche oltre confine. Di recente, in Brasile il governo del presidente progressista Luiz Inacio Lula da Silva il 7 agosto ha dato il via libera alle lezioni che riguarderanno anche la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
Il predecessore di Lula, l’ex presidente di destra Jair Bolsonaro, si era detto invece sempre contrario: l’educazione sessuale, sosteneva, “è una responsabilità familiare”.
L’agenzia Ansa ricorda anche che secondo il ministero dell’Istruzione, l’educazione sessuale all’interno del programma sanitario scolastico, tuttavia, “non ha a che fare con insegnare o incoraggiare gli alunni ad avere relazioni sessuali“.
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