
Certuni pretenderebbero che la scuola si facesse carico di “educazione sessuale e all’affettività” secondo linee guida OMS/UNESCO, che prevedono “il gioco del dottore per scolaretti; prime esperienze sessuali e contraccezione 9-12 anni; età per il consenso legale per rapporti sessuali; fare esperienze sessuali protette e gratificanti, procurarsi e utilizzare correttamente preservativi e contraccettivi 12-15 anni; gravidanza (anche nelle relazioni omosessuali), aborto,
contraccezione, contraccezione d’emergenza > 15 anni”.
In Germania ProFamilia attiva negli asili nido assicura che nel gioco del dottore “nessun bambino metterà alcun oggetto negli orifizi corporei di un altro bambino”.
In Italia organizzazioni LGBT incaricate di tali corsi diffondono il gender. La teoria gender si fonda non su fisiologia medica, bensì sull’ideologia della filosofa statunitense Judith Butler, che nega il sesso biologico e ipotizza che il genere possa essere costruito e variamente decostruito dal singolo a suo piacimento.
L’American Psychological Association riporta: “La sessualizzazione si verifica quando il valore di una persona deriva solo dal suo fascino o dal comportamento sessuale, con l’esclusione di altre caratteristiche, e quando una persona è sessualmente oggettivata, trasformata in una cosa per uso sessuale di un altro. L’imposizione inappropriata della
sessualità è particolarmente grave per i bambini.”
Già nel 2016 l’American College of Pediatricians ammoniva Gender ideology harms children. La Costituzione art.30 stabilisce: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”.
La Legge 107/2015 stabilisce che il Dirigente Scolastico deve sottoporre alla firma di tutti i Genitori i Progetti Formativi PTOF e POF comprendenti attività d’istituto, integrative, extracurriculari nonché PEC Patto Educativo di Corresponsabilità con esposizione particolareggiata. E’ quindi probabile che in molti casi si verifichino violazioni dei diritti di genitori e alunni.
Ogni intervento di sanità pubblica richiede verifica di efficacia. I programmi di “educazione sessuale” scolastica, avviati fin dagli anni Cinquanta in Svezia, Regno Unito, Francia, hanno fallito negli scopi dichiarati di evitare comportamenti asociali, malattie infettive sessualmente trasmesse, gravidanze indesiderate, procurato aborto: tale fallimento è noto da
tempo immemorabile, ma viene occultato: in Francia il tasso di abortività è 16,8/mille donne in età fertile; nella “diseducata” Italia è meno di un terzo 5,4/mille. I programmi vengono accreditati spesso col solo intento di veicolare contenuti ideologici su contraccezione, aborto, omo-trans-sessualità, nomadismo sessuale; espongono i bambini a
sessualizzazione precoce, li inducono ad interessarsi alla pornografia, alla quale purtroppo internet offre facile accesso con conseguenze perniciose a qualsiasi età. Pornografia, prostituzione, droga sono strettamente collegate: il mercato della pornografia attira e sfrutta, con enormi introiti, giovani uomini e giovani donne che si prostituiscono, anche per accedere alla droga: tanti di questi infelici chiudono la loro triste esistenza col suicidio. Se proprio oggi aumentano varie forme di violenza (predazione sessuale sui minori, violenza sessuale, stupro, bullismo, cyberbullismo, mobbing, induzione al suicidio), tale violenza deriva ed è incentivata proprio dal venir meno di sani modelli di relazioni familiari, che costituivano la normale educazione in una società responsabile, che non sentiva e non aveva nessuna necessità di corsi specifici e di psicologi.
Quesiti conseguenti: Perché dovremmo affidare noi stessi e i nostri figli a psicologi o ad altre figure estranee? Chi li sceglie? In base a quali requisiti? Con quale etica e morale? Quanto costa in termini di tempo impegnato e di denaro pubblico questa controproducente “educazione sessuale”? Quanti soldi lucrano ditte ed operatori coinvolti?
Luciano Leone (Pediatra .Comitato “Pro-life insieme“ www.prolifeinsieme.it)