Tempo di orientamento per i ragazzi delle terze medie e dei loro genitori. Momento non facile, vista la delicatezza della scelta, che segnerà, comunque, la loro vita.
Non è cioè lo stesso scegliere un indirizzo o un altro, una scuola o un’altra.
Per cui è bene che gli stessi ragazzi e le loro famiglie, con l’aiuto dei docenti delle scuole medie, prendano informazioni, riflettano bene, oltre che sulla preparazione di base, soprattutto su talenti e attitudini. Senza lasciarsi catturare dai lustrini delle vetrine delle scuole superiori, nelle varie esposizioni e negli open day. I lustrini non servono, mentre invece conta la sostanza, cioè l’incontro tra le attitudini personali e gli indirizzi di studio.
Importante, dunque, guardarsi attorno e comprendere bene le opportunità.
Ad arricchire il parterre di questi strumenti di informazione, oltre alla “scuola in chiaro” presente nel sito del Ministero dell’istruzione, abbiamo “Eduscopio”, della Fondazione Agnelli di Torino, con una classifica dei migliori licei e istituti tecnici.
Un confronto positivo che, però, potrebbe ingenerare equivoci, se letto senza una avvertenza.
Mi spiego.
Sono state messe a confronto, da questa Fondazione, 4.420 scuole italiane, sulla base dei risultati universitari di oltre 700.000 studenti.
I dati che si ottengono, se assolutizzati, rischiano di confondere, più che di aiutare.
Il motivo è semplice: se una scuola volesse, tanto per capirci, puntare a questo tipo di risultati, basterebbe che “selezionasse” gli studenti in modo crudo, così da promuovere solo coloro che raggiungono determinati standard. Con classi da 20 studenti, formate solo dai cosiddetti “eccellenti”. Troppo facile, troppo comodo. Non può essere questo il compito di una scuola in una società aperta, democratica, che offre strumenti di mobilità sociale.
Diverso è infatti insegnare ai bravi, difficile è dare una pari opportunità a tutti. È qui che si distingue il bravo docente, il buon lavoro di una scuola.
Il vero valore positivo è consentire a più studenti possibili il raggiungimento di risultati magari non ottimali, ma comunque positivi. E chi potrà mai dire, un domani, che studenti a prima vista non eccellenti, saranno invece coloro che, nella vita e nel lavoro, otterranno i migliori risultati, in termini di realizzazione personale? Non ci sono più, oggi, cordoni ombelicali precostituiti tra la scuola ed il mondo del lavoro. Chi dice che contano più i risultati, cioè le performance, dei processi? Ci vuole dunque prudenza.
Nelle prove Invalsi, ad esempio, non valgono i valori assoluti, ma solo il “valore aggiunto”, cioè la differenza tra la situazione di partenza ed il risultato finale.
Per cui, diamo pure una occhiata, confrontiamo, cioè, le scuole, come propone la Fondazione Agnelli, senza però lasciarsi ingannare dai numeri e dalle classifiche. Le quali vanno lette ed interpretate, calate cioè nel contesto della vita reale.
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