“L’utilizzo di ranking delle istituzioni formative, come strumento sia di valutazione sia di scelta delle famiglie”, è fondamentalmente improprio.
“A seconda dei casi, le classificazioni si basano sugli esiti della formazione in termini di successo educativo o di qualità dell’inserimento occupazionale. Due esempi sono la valutazione degli istituti di istruzione superiore sulla base dei risultati ottenuti all’università dai diplomati o la valutazione delle università sulla base di indicatori di inserimento occupazionale dei laureati (tasso di occupazione e altro)”.
Ebbene, secondo Lavoce.info, che non cita mai Eduscopio, ma a cui è evidente il riferimento, questi parametri di valutazione, attorno ai quali si è creata quasi una specie di “ossessione”, “sul piano metodologico si tratta, in linea generale, di un’operazione non corretta”.
Infatti, spiega Lavoce.info, che “per potere dire che l’istituzione A è di qualità migliore dell’istituzione B occorrerebbe potere depurare gli esiti in uscita dagli effetti legati al background socioeconomico degli alunni e al contesto ambientale, fattori che condizionano tanto il potenziale di apprendimento quanto le prospettive occupazionali.
In poche parole, occorrerebbe adottare misure di valore aggiunto, un’operazione non semplice ma necessaria”.
“È infatti evidente- si legge sul sito- che se si confronta una scuola della periferia di Roma, i cui iscritti provengono da contesti svantaggiati, con una scuola del centro città, alla quale si iscrivono giovani provenienti da contesti socioeducativi avvantaggiati, indipendentemente dalla qualità della scuola, questi ultimi avranno risultati migliori”.
Queste classifiche fra l’altro hanno “indotto alcune scuole ad adottare politiche nascoste di selezione in entrata per garantire sia un adeguato contesto ambientale alle famiglie sia migliori performance in uscita. Sono politiche che si traducono inevitabilmente in forme di selezione sociale.
Quindi, in generale, i ranking non depurati da questi effetti non sono una misura di qualità delle istituzioni formative, ma una misura della qualità del contesto sociale” e che polarizzano “il sistema sul piano educativo e su quello socioeconomico”.
In conclusione, spiega Lavoce.info, “indipendentemente da considerazioni di equità e di pari opportunità educative, sistemi polarizzati sono anche meno efficienti”.
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