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Efficienza scolastica: se si aumentasse lo stipendio dei prof, l’Italia non sarebbe più in fondo all’Ocse

Sull’efficienza scolastica l’Italia si posiziona “tra gli ultimi della classe”. Per risalire la china occorre ridurre il numero di docenti o aumentare il loro stipendio di oltre il 10%.

La conclusione è contenuta nel primo rapporto internazionale sull’Efficienza della spesa per l’educazione, condotto da Peter Dolton, esperto mondiale di economia dell’educazione della London School of Economics, insieme a Oscar Marcenaro Gutiérrez dell’Università di Malaga e ad Adam Still di Gems Education Solutions: uno studio finalizzato a rilevare “l’efficienza con cui vengono allocati i budget per l’istruzione in ciascun paese” per misurare “qual è il sistema che produce un ritorno più elevato dal punto di vista educativo per ogni dollaro investito”.

Dal rapporto, commissionato da Gems, presentato a Londra poche ore fa e ripreso in Italia dall’agenzia Ansa, emerge che se si rapportano i risultati ottenuti dagli studenti nei test Pisa con la spesa per l’istruzione, il nostro paese si colloca appena al 23/mo posto della classifica di 30 paesi Ocse. In vetta c’è la Finlandia (87,81% di efficienza). In fondo, invece, dopo l’Italia (69,81%), si piazzano Portogallo, Spagna, Grecia, Indonesia, Brasile, ma anche Germania (25/mo) e Svizzera (28/mo), “le cui politiche di efficienza potrebbero non essere tra le priorità”.

Secondo i ricercatori, per guadagnare qualche posto in classifica l’Italia potrebbe dunque avere due alternative: o aumentare gli stipendi degli insegnanti o ridurre il rapporto prof-studenti.

In base al modello econometrico applicato, dunque, “che calcola il legame statistico provato tra stipendi degli insegnanti o dimensione delle classi (le due varianti che più incidono sul bilancio) e i punteggi Pisa, l’Italia potrebbe ottenere risultati Pisa ai livelli della Finlandia, se riducesse il rapporto insegnante-allievo da 10,8 a 8,2 alunni per ogni insegnante (-24,4%). O, in alternativa, se aumentasse lo stipendio degli insegnanti dalla media attuale di 31.460 dollari a 34.760 dollari, cioè un aumento del 10,5%. Stando a questi calcoli – secondo il rapporto – l’Italia, per avere un migliore rapporto qualità-prezzo dovrebbe spendere di più e ridurre il numero di allievi per insegnante o aumentarne lo stipendio”. Obiettivo della ricerca è però solo l’analisi dei dati, sottolineano gli autori, “non si intende fornire raccomandazioni sulle scelte politiche degli Stati”.

“Questo rapporto – osserva Andreas Schleicher dell’Ocse – getta uno sguardo rinfrescante sui dati comparativi a livello internazionale per esaminare le scelte di spesa fatte da quei paesi che stanno ottenendo i migliori risultati con meno risorse. Rompe il silenzio sull’efficienza dei servizi educativi. Mentre la spesa per ogni studente del mondo industrializzato è aumentata di oltre il 30% nell’ultimo decennio, il livello di apprendimento nella maggior parte dei paesi è rimasto piatto. Chi considera i servizi del settore educativo troppo importanti per essere misurati per la loro efficienza priverà molti giovani di un’istruzione migliore e una vita migliore”.

Complessivamente, scrive ancora l’Ansa, i 30 paesi Ocse dello studio hanno speso ogni anno 2.200 miliardi di dollari per la scuola e la quota del Pil riservata all’istruzione è in aumento da decenni. In generale, secondo il rapporto, i Paesi che mostrano un’elevata efficienza riescono anche a raggiungere risultati educativi elevati. L’Italia rientra nel gruppo dei paesi “più efficaci che efficienti: raggiunge risultati migliori in termini di qualità piuttosto che di efficienza”.

Alessandro Giuliani

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