Se il dirigente può chiamarsi i prof, in base alle sue preferenze, perché i prof, e gli Ata, non possono scegliersi il preside sulla base delle loro propensioni?
Una piena autonomia e il riscatto della democrazia a scuola. E poi la domanda: avrebbe più senso accorpare le scuole per risparmiare sulla dirigenza? Tutte questioni che in un colpo solo potrebbero essere risolte, forse, con una leggina che se per un verso potenzia le segreterie, dall’altro stabilisce l’elezione diretta del preside, unus inter pares, da pare di tutta la comunità scolastica.
È chiaro che scriviamo a titolo personale, tuttavia pur essendo, questa del preside elettivo, una antica rivendicazione della Gilda, la proposta, nonostante sia stata presentata più d’una volta in Palamento, è caduta nelle sabbie mobili della politica italiana che preferisce spendere soldi, molti soldi, per concorsi dall’esito quasi sempre affidato alle decisioni della magistratura, e per mettere in moto meccanismi lunghi, complessi, conflittuali e perfino farraginosi.
Ma tant’è e bisogna pure prendere atto che in Italia la politica è discussione senza riposo per rendere difficile il facile attraverso l’inutile. Ma lo sappiamo.
Tuttavia, per molti insegnanti avere un preside a tempo, come succede coi sindaci e il rettore dell’università, sarebbe più utile e senz’altro meglio.
Un preside dunque a “tempo determinato”, quattro-cinque anni, votato dai colleghi e dal personale, per il quale, ed è bene ribadirlo, le pretese competenze amministrative non potrebbero essere certamente superiori a quelle di un sindaco che ha a che fare con mille altre e più pesante incombenze, visto che deve gestire un comune: istruzione, sanità, edilizia, personale, sicurezza, migrazione, viabilità, milioni di finanziamenti ecc. ecc., e visto pure che non tutti gli amministratori hanno una laurea, come invece la possiede il possibile preside eletto dalla scuola autonoma.
Dunque non si venga a dire che il concorso è necessario per avere la certezza delle competenze per dirigere una scuola.
Un preside fra l’altro che dovrebbe pure sottostare, come il sindaco in consiglio comunale, a un presidente delle assemblee dei docenti e che non sia più il dirigente a presiederla, togliendo o dando la parola a suo piacimento, a stabile ordine del giorno e ogni altra modalità: questa sarebbe democrazia finalmente.
Inoltre molte scuole, soprattutto dei piccoli paesi, che si sono visti togliere la dirigenza, con gli accorpamenti, ritornerebbero ad avere l’effettiva autonomia, incidendo di nuovo nel territorio, mentre chi teme che si potrebbero avere presidi con poche competenze (ma chi certifica quelle dei sindaci?) o che la scuola si possa trasformare in campo di battaglia politica cade sull’evidenza che la comunità scolastica è fatta di persone di cultura medio-alta, in grado di capire dunque e di discernere: sarebbero così sprovveduti i docenti italiani che non sanno scegliere chi merita e chi no la propria fiducia?
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