Tra le idee e le proposte contenute nei vari programmi elettorali ce n’è una che va contro tendenza, visto che in questi giorni si è parlato molto di risparmio energetico e settimana corta con un giorno in Dad. Si tratta del tempo pieno a scuola, che i vari partiti hanno declinato in modo diverso.
Nel programma di Italia Viva e Azione, ad esempio, si parla di “estendere il tempo pieno a tutte le scuole primarie per dare più spazio all’apprendimento venendo incontro alle esigenze delle famiglie e introdurre il diritto alla mensa per tutti con sussidio ai nuclei meno abbienti”. Il Pd punta a estenderlo “con particolare attenzione al Sud, e la progressiva costruzione di una scuola presidio di comunità nelle periferie e nelle aree interne”.
Ma quanto andrebbe a costare la realizzazione di un’idea del genere? Secondo Tuttoscuola si andrebbe a superare il muro dei 10 miliardi, che Enrico Letta ha indicato come soglia di investimento del suo partito per la scuola, arrivando a ben 12 miliardi. Si tratta di una quantità di denaro superiore a quella che finanzia il tanto contestato Reddito di Cittadinanza, che costa 9 miliardi all’anno.
Si parla di costi altissimi rispetto a quelli di cui ha parlato Carmela Bucalo (FdI) nel corso della puntata di Tecnica Della Scuola Live del 31 agosto scorso.
“Bisogna rimodulare il Pnrr. Non è possibile che si parli solo di investimenti. E soprattutto è necessario eliminare gli sprechi, soprattutto quelli dell’Alta Formazione. Poi ci sono dei carrozzoni, uno dei più grandi è l’INVALSI. Si parla di 7 milioni l’anno che servono solo per farci dire che la scuola non va. Lo abbiamo capito, ma non dobbiamo pagare tutti questi soldi per sentirci dire sempre questo”, ha detto la Bucalo.
Il nostro direttore ha fatto poi notare che servirebbero miliardi per migliorare davvero il sistema scolastico e per incentivare gli insegnanti come meritano. “Non basta togliere l’INVALSI, servono molti più soldi”, ha sottolineato Giuliani. “Io toglierei un po’ di investimenti e andrei a destinare i soldi per aumenti stipendiali”, ha risposto la responsabile del dipartimento istruzione di Fratelli d’Italia.
La percentuale delle classi funzionanti a tempo pieno è recentemente aumentata, passando dal 37,2% del precedente anno scolastico al 38,1%, mentre nelle classi funzionanti a orario normale la percentuale è scesa dal 62,8% al 61,9%. Secondo i dati ministeriali raccolti da Tuttoscuola, nel 2021/22 il 48,7% delle classi è organizzate a tempo pieno nelle regioni del Centro Nord, mentre nelle regioni del Mezzogiorno è del 20,6%.
Generalizzare il tempo pieno significa portare le ore di tutte le classi a 40 ore settimanali. Sono tanti gli elementi che bisogna considerare a riguardo. Sono almeno tre i livelli di spesa da affrontare, anche se non facili da quantificare:
Sulla base della retribuzione iniziale, al lordo degli oneri riflessi a carico dello Stato, i docenti da assumere per generalizzare il tempo pieno in tutte le scuole sarebbero, secondo i calcoli di Tuttoscuola, 38.832 e comporterebbero all’erario circa un miliardo e 244 milioni all’anno; i collaboratori scolastici da assumere sarebbero invece 1.045 e comporterebbero un costo annuo di circa 25 milioni.
Il costo complessivo per il personale scolastico necessario per generalizzare il tempo pieno ammonterebbe a circa un miliardo e 269 milioni annualmente.
Per il servizio mensa, considerato che mediamente un pasto costa al Comune circa 20/21 euro, e che gli alunni interessati sono circa un milione e 392mila, presenti a scuola per 165 giorni, l’onere complessivo annuo sarebbe di circa 4 miliardi e 759 milioni, in minima parte rimborsati dalle famiglie. Le 7.900 scuole interessate al nuovo tempo pieno potrebbero avere un carico aggiuntivo di spese per il trasporto degli alunni, mediamente intorno ai 50mila euro all’anno, per un ammontare complessivo di circa 395 milioni di euro annui.
Il costo di esercizio annuale complessivo per lo Stato (stipendi) e per i Comuni (mensa e trasporto) sarebbe in totale di circa 6 miliardi e 423 milioni di euro.
Vi sarebbe poi l’investimento una tantum a carico dei Comuni per ampliamenti delle strutture o per nuove costruzioni (non meno di tre locali per ogni scuola, compreso il refettorio). Stimando in almeno 750 mila euro gli oneri per ogni scuola messa in condizione di accogliere il tempo pieno, la spesa ammonterebbe complessivamente a circa 6 miliardi di euro.
Tali spese si andrebbero a sommare ai suddetti costi di esercizio da sostenere ogni anno per 6,4 miliardi, una parte dei quali coperti dai fondi del Pnrr. Per dare un riferimento della rilevanza di questo investimento, il Reddito di cittadinanza è costato nel 2021 quasi 9 miliardi di euro (dati Osservatorio Inps).
Il Pd non parla nel programma di generalizzazione, ma vorrebbe portare il tempo pieno nel Mezzogiorno ai livelli medi del Centro Nord. Per dare attuazione a questa proposta verrebbero trasformate 13.250 classi già funzionanti a tempo normale. In rapporto all’onere di generalizzazione, l’incremento di tempo pieno nel Mezzogiorno comporterebbe la spesa annua per il personale scolastico di 216 milioni di euro, mentre a carico dei Comuni la spesa complessiva iniziale sarebbe di circa un miliardo e 900 milioni.
La generalizzazione del tempo pieno nella scuola primaria, tra oneri sia a carico dello Stato che dei Comuni, comporterebbe un costo di 12 miliardi e 423 milioni. La proposta del Pd di portare i livelli del tempo pieno del Mezzogiorno alla media delle altre regioni comporterebbe un onere complessivo di 2 miliardi e 112 milioni di euro.
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