Dopo due mesi di trattative non sempre reali (in taluni momenti si è avuta la sensazione che le forze politiche abbiano recitato un copione già scritto sapendo benissimo che non ci sarebbero stati risultati concreti), finalmente nel tardo pomeriggio del 7 maggio il presidente Mattarella ha richiamato tutti alle proprie responsabilità: i partiti possono scegliere liberamente cosa fare – ha detto in sintesi Mattarella – sapendo però che né il voto in estate né il voto in autunno sono utili per il Paese.
Cancellata definitivamente l’ipotesi di votare a giugno (non ci sono i tempi tecnici per farlo, come avevamo già spiegato in un precedente articolo), resta aperta la possibilità di votare a luglio (si parla del 15 se non addirittura del 22).
Il presidente ha aggiunto che volendo si potrebbe anche votare in autunno ma a quel punto bisognerebbe fare i conti con il fatto che non ci sarebbero i tempi per predisporre e approvare la legge di bilancio 2019.
E’ del tutto evidente che – a questo punto – i temi che più stanno a cuore al mondo della scuola perdono quasi significato.
Prendiamo, per esempio, la questione della cancellazione (o modifica) della legge 107 che non potrà certamente essere affrontata da un Governo “tecnico” insediato con il compito di traghettare il Paese verso una nuova tornata elettorale.
I sindacati dovrebbe anche accantonare l’idea di aprire entro dicembre le trattative per il contratto 2019/2021 come avevano sostenuto subito dopo la firma dell’intesa per il 2016/2018.
Per inciso, in queste condizioni, a partire da gennaio 2019 gli stipendi di una arte consistente del personale della scuola verrebbero decurtati in quanto non potrebbe più essere erogato il cosiddetto “elemento perequativo”.
Nè si potrebbe pensare a nessuna misura in materia di precariato prima dell’avvio del prossimo anno scolastico.
E potrebbero subire significativi rallentamenti persino i concorsi già banditi: non è neppure da escludere che questa situazione di stallo comporti uno stop del concorso per dirigenti scolastici.
L’unica questione che, forse, potrebbe essere affrontata è quella dei diplomati magistrale per la quale sembra essere in stato di avanzata elaborazione una procedura d’urgenza attivabile anche nelle condizioni politico-istituzionali attuali.
Nel concreto, per la scuola, questa situazione si potrebbe tradurre, di fatto, in un anno scolastico perso oltre che in qualche svantaggio economico non del tutto disprezzabile.
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