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Elezioni, Di Maio o Salvini premier? La Scuola alla finestra: la differenza non è da poco

Le elezioni politiche si sono concluse: il Partito Democratico incassa una sconfitta sonora, un italiano su tre si schiera con il Movimento 5 Stella e la Lega Nord diventa in modo schiacciante il primo partito della Destra. Le indicazioni delle urne sono chiare, ma poche ore dal voto del 4 marzo la formazione del Governo è un vero rebus. Non pochi sostengono che il Paese è ingovernabile, almeno con questi risultati elettorali. Soprattutto perché il M5S ha sfondato al Sud, con punte del 60%; mentre la colazione Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia prevale al Nord, superando la sinistra addirittura nelle sue roccaforti emiliane.

Forti differenze

Al momento, vi sono alte possibilità che a trainare il nuovo Governo, come premier, saranno Luigi Di Maio, che con il suo movimento nazionale guida di gran lunga la classifica dei raggruppamenti più votati, oppure Matteo Salvini, che già parla da leader della Destra italiana. Per il Capo dello Stato, è una “patata” davvero bollente.

Andando al di là delle dichiarazioni di guerra alla Legge 107/15, la differenza per la Scuola non è da poco, a cominciare dal fronte del reclutamento e della considerazione, oltre che il sostegno, che l’uno o l’altro darebbero agli assunti fuori regione.

Durante la campagna elettorale, La Tecnica della Scuola li ha intervistati entrambi: prima il vice-presidente uscente della Camera, poi il leader leghista. E propone ai propri lettori quali intenzioni hanno i due candidati premier, proprio ora che le loro quotazioni di diventare presidente del Consiglio sono lievitate in modo esponenziale.

Di Maio: basta super-presidi, chiamata diretta e bonus

E sulla Buona Scuola sono stati chiari: Di Maio ha detto che “la riforma Renzi non ha nulla di buono. La smantelleremo partendo proprio da quelle misure che hanno trasformato la scuola in un’azienda: i super-poteri ai presidi, la chiamata diretta dei docenti, il bonus premiale e la card formazione per i docenti che è più una mancetta elettorale”.

A proposito degli spostamenti forzati dei docenti assunti con il piano straordinario di assunzioni della riforma Renzi-Giannini, il “grillino” ha sottolineato: “il nostro movimento ha sempre denunciato il trattamento vergognoso che i docenti italiani hanno subito con la riforma Renzi-Giannini e non abbiamo assolutamente cambiato idea. Per ciò che riguarda la nostra proposta sul reddito di cittadinanza, ribadiamo che la persona che beneficia del reddito si deve rendere disponibile a lavorare presso un Centro per l’Impiego del suo territorio e, se vuole, anche su base nazionale. Spostarsi per cercare lavoro deve essere una libera scelta e non un obbligo”.

Solidarietà alle maestre con diploma magistrale

Sulla diatriba giudiziaria in atto, a proposito delle maestre con diploma magistrale, Di Maio ha espresso la sua “vicinanza alle maestre diplomate magistrale che in questi giorni stanno vivendo l’angoscia di un possibile licenziamento di massa. Per noi, chi ha dedicato decenni della propria vita alla scuola non può essere sbattuto fuori con un “grazie e arrivederci”. La politica deve prendersi carico di questa questione, con i dovuti distinguo: le nostre non sono promesse elettorali, stiamo studiando una soluzione equa e realizzabile per le diplomate con servizio, senza per questo dimenticare i più giovani e i laureati in Scienze della Formazione”.

Salvini: assumere i precari storici su base regionale

Matteo Salvini, dal canto suo, ha puntato da tempo la Legge 107/15: “Un comma della “Buona scuola” prevede che dopo 36 mesi da precario, se non vieni assunto a tempo indeterminato, lo Stato ti lasci a casa disperdendo il bagaglio di esperienza che hai maturato. Nel nostro programma c’è l’impegno a sostituire tale comma, ribaltando l’interpretazione data dal Pd a una direttiva europea. Cosa che restituirà un po’ di tranquillità alle maestre e a decine di migliaia di altri precari. Serviranno poi correttivi alla disomogeneità di valutazione sul territorio e il superamento dei trasferimenti più o meno forzosi di insegnanti da una parte all’altra della Penisola”.

Sulle modalità di assunzione, Salvini ha sottolineato: “affronteremo la questione col reclutamento degli insegnanti su base regionale. Il “domicilio professionale” consentirà di scegliere in totale libertà la regione dove proporsi, per poi confrontarsi con gli altri candidati a pari condizioni, innescando un meccanismo virtuoso ispirato ai principi del federalismo”. Mentre su chiamata diretta, le tante responsabilità che la L.107 ha delegato ai presidi, sul bonus di aggiornamento e relativi al merito, Salvini non ha proferito verbo. Facendo intendere che non sono di certo delle priorità del suo programma sulla scuola.

Si torna a bocciare?

In assoluto, sulla Buona Scuola, “il meccanismo – ha continuato Salvini – è da rivedere in maniera radicale. Non ci sono solo i commi che interpretano direttive europee a danno di chi opera nella scuola. Il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, considera ad esempio “falso” parlare di abolizione di fatto della bocciatura, ma lei stessa ha confermato la novità dell’ammissione “anche in caso di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”, giustificandola con la necessità di un diverso sistema di valutazione che aiuti a “superare le lacune formative” e tenga conto dei “tempi soggettivi di apprendimento”. Da parte nostra temiamo si tratti invece dell’ennesima spallata al merito nella scuola pubblica, che toglie altro valore a titoli già poco considerati”.

“C’è poi – ha concluso il candidato leader della Lega Nord – il cosiddetto “potenziamento”, attivato senza neppure informarsi su quali competenze i singoli istituti intendessero puntare per potenziarsi”.

Alessandro Giuliani

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