Mancano poche ore alla scadenza per la presentazione delle liste utili al rinnovo delle Rsu 2018 da attuarsi il prossimo mese di aprile. A stabilire la data per la sottoscrizione delle candidature, inizialmente fissata al 9 marzo, è stata l’Aran, con la Nota prot. 3221/2018 del 28 febbraio scorso, pubblicata a seguito della chiusura delle scuole per alcuni giorni derivante dal maltempo di fine febbraio.
Rimangono in vigore, invece, le disposizione previste dalla Circolare n.1 del 26 gennaio 2018 diretta tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, con ad oggetto: “Rinnovo delle RSU. Elezioni del 17, 18 e 19 aprile 2018. Chiarimenti circa lo svolgimento delle elezioni”, già citata dalla Tecnica della Scuola.
Giungono in redazione diverse lamentele perché tra i candidati a diventare Rsu figurano vicari, primi collaboratori dei presidi e pure dei Dsga. Le lamentele sono lecite e lo confermano i precedenti degli anni passati: la presenza di tali figure, molto vicine alla dirigenza, comporta infatti spesso un indebolimento della trattativa sindacale dal cui esito dipendono le sorti professionali e i compensi accessori rivolti a docenti e Ata.
Il vice-preside o il Direttore dei servizi generali e amministrativi, infatti, molto difficilmente si disallinea dalle posizioni del dirigente scolastico. A quel punto, le Rsu incaricate di condurre la trattativa con il capo d’istituto, devono necessariamente muoversi in sintonia. Qualora, invece, le loro posizioni dovessero discostarsi, il “tavolo” si ritroverebbe in balìa della dirigenza scolastica, che può avvalersi anche della Rsu “amica”.
Ma come è possibile avallare quella che molti definiscono una vera e propria incompatibilità di ruoli? Per quale motivo i sindacati e l’Aran permettono ad un vicario, ancora di più con esonero dalle lezioni, e ad un Dsga, che gestisce il personale Ata e le finanze dell’istituto, quindi operano quasi in simbiosi con i presidi, di poter tutelare gli interessi del personale Ata e dei docenti? Perchè si permette loro di presentarsi al tavolo delle trattative con l’impossibile onere (su determinate questioni) di difendere contemporaneamente gli interessi del dirigente e dei lavoratori?
Giriamo il quesito ai dirigenti sindacali che continuano a chiudere gli occhi su tale situazione. Ma anche a chi, in seno all’amministrazione, gestisce le regole che portano all’individuazione delle Rsu d’istituto, quindi all’Aran.
In ogni caso, ad oggi, da un punto di vista formale e normativo, non esiste alcuna incompatibilità: nessuno, evidentemente, ha espresso in modo adeguato, sufficientemente energico, la necessità di inserirla.
A livello morale ed etico possiamo essere certi nell’asserire che la discrasia esiste. Altro che esiste. Lo sanno gli stessi vicari e i Dsga: quando votati, probabilmente anche a causa di una “concorrenza” tutt’altro che spietata, entrano con una certa fatica nel ruolo di Rsu. E lo conducono nel triennio con molte difficoltà.
Anche il personale lo sa, soprattutto alla luce delle esperienze, come Rsu, di molte di queste figure professionali, non sempre inclini ad combattere a spada tratta in difesa dei docenti e degli Ata del loro istituto.
Tuttavia, i vicari e i Dsga sono diventati Rsu con i voti di questi lavoratori. Così, in tali casi, il personale che gli ha permesso di rappresentarli farebbe bene a farsi un esame di coscienza. E, anziché lamentarsi, recitare il mea culpa.
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