Home Politica scolastica Elezioni RSU: occasione storica per i sindacati di base

Elezioni RSU: occasione storica per i sindacati di base

CONDIVIDI

Le elezioni per il rinnovo delle RSU sono ormai vicine e questa volta i sindacati di base proveranno a fare sul serio, nel tentativo di rosicchiare voti (e potere) alle organizzazioni sindacali titolate a rappresentare i lavoratori al tavole delle trattative e in particolare ai 3 sindacati confederali, segnati a dito per aver sottoscritto un contratto nazionale considerato svantaggioso.
Ai tre responsabili di sindacati di base Cobas, Unicobas e Usb abbiamo sottoposto alcune questioni.
Eccole le loro risposte

La scadenza delle elezioni delle RSU si sta avvicinando. Sarà l’occasione per misurare la reale consistenza del sindacalismo di base?

PIERO BERNOCCHI (PORTAVOCE NAZIONALE COBAS)
Assolutamente NO. Siamo costretti a partecipare a elezioni che sono palesemente truccate. Si può votare per un sindacato solo se in una scuola c’è un candidato di quel sindacato disposto a fare il sindacalista per tre anni. E’ come se nelle scorse elezioni politiche si fosse potuto votare per un partito solo se nel proprio caseggiato ci fosse stato un suo candidato. L’unica misurazione corretta si avrebbe se, accanto alla lista di scuola, si potesse votare con una seconda scheda per la rappresentatività nazionale. Quando lo abbiamo fatto, nel 2015 per le elezioni del CSPI, i COBAS hanno agevolmente superato il 5%, pur non avendo il diritto di assemblea in orario di servizio.

STEFANO D’ERRICO (SEGRETARIO NAZIONALE UNICOBAS)
L’Unicobas ha più liste che in passato, però la crescita è bloccata per tutti da regole antidemocratiche ed anticostituzionali.  Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda tengono ovunque assemblee in orario di servizio che a noi sono negate, così restano ‘maggioritari’ perché hanno il monopolio delle scuole. Inoltre noi non abbiamo permessi sindacali o distacchi pagati dai contribuenti. Ma c’è di più: costoro resterebbero «rappresentativi» per legge pure a voti zero, grazie al calcolo della media del 5% fra voti presi e percentuale sul totale dei sindacalizzati. Per chi ha dagli anni ’80 almeno il 10% della minoranza sindacalizzata (33%), il voto è mera formalità.
Noi invece dobbiamo ottenere almeno l’8% sul 70% di lavoratori che vanno alle urne (il doppio), ma senza poterci parlare.

LUIGI DEL PRETE (USB)
Pensiamo che le elezioni RSU, nelle modalità con cui si svolgono nella scuola, non misurino la rappresentatività reale delle organizzazioni sindacali ma siano solo lo strumento per legittimare le organizzazioni concertative e padronali, che con la propria rete di relazioni e rapporti con il “cerchio magico” all’interno delle scuole costruiscono per lo più liste filo-dirigenziali. Non crediamo che qui sia in gioco la consistenza del sindacalismo di base, bensì la resistenza ai processi di gerarchizzazione e aziendalizzazione della scuola pubblica statale.

La sensazione è che docenti e Ata siano interessati più ad un sindacato in grado di erogare servizi o di sostenere ricorsi su temi specifici che ad un sindacato di “lotta” contro le politiche scolastiche governative. E’ davvero così?

BERNOCCHI
Beh, questa è una tendenza generale che investe tutto il lavoro dipendente. E’ il modello statunitense, laddove iscriversi ad un sindacato (con trattenute che in alcuni casi arrivano al 5% del salario) è come fare un’assicurazione a vita e ove molti sindacati sono un “trust” di studi legali che, piuttosto che organizzare lotte e conflitti, fanno cause continue soprattutto nel Pubblico impiego e nei servizi, ingigantendo la passività dei salariati.
Però all’interno delle scuole i motivi di conflitto stanno aumentando a dismisura, e non solo a causa dello strapotere dei presidi e degli abusi e illegalità di molti/e di essi, ma anche per la crescente interferenza (fino al mobbing vero e proprio) operata da tanti genitori soprattutto attraverso i gruppi social.
Però, il conflitto sindacale, sociale e politico alla lunga è ineliminabile: e per esso non bastano certo gli studi legali, servono organizzazioni attrezzate al conflitto stesso.

D’ERRICO
Questo è l’effetto di regole truccate. Non conoscendoci direttamente in assemblea, la maggioranza di docenti ed ata crede che ‘i sindacati’ siano tutti ‘uguali’, tutti assenti, tutti corresponsabili e pieni di privilegi. Così risulta facile sfruttare le storture create dalla politica grazie all’assenso delle sigle maggiori, per presentare il proprio ‘sindacato di servizio’, come se si potesse (e dovesse) intervenire solo sui ‘sintomi’ anziché sulla ‘malattia’.
Fare ricorsi è legittimo e fa parte del ruolo sindacale. Altro è promuovere contemporaneamente ricorsi contrapposti, sfruttando biecamente la situazione.

DEL PRETE
Il sindacato dei servizi e dei ricorsi rappresenta la mutazione antropologica imposta al sindacalismo da Cgil, Cisl e Uil ormai da trent’anni a questa parte, con l’obiettivo di individualizzare le posizioni dei lavoratori e favorire l’avanzata delle politiche neoliberiste di smantellamento dei diritti. È chiaro che con questo schema facile gioco ha poi avuto l’Anief che grazie ai ricorsi ha costruito un sindacato con ingenti disponibilità economiche, superando i concertativi nei servizi e creando nei tribunali una guerra di tutti contro tutti.

Già da alcune settimane è in atto una campagna per invitare docenti e Ata a non partecipare al voto nelle scuole dove non sono presenti liste di sindacati di base. Qual è la vostra posizione su questo punto?

BERNOCCHI
In tutta franchezza ci sembra una perdita di tempo. Laddove non siamo presenti, questo accade: a) per le regole antidemocratiche che ci impediscono di diffondere le nostre posizioni nelle scuole ove non abbiamo iscritti/e; b) perchè in vari casi i nostri iscritti/e, che magari sono stati a lungo RSU, non se la sentono più di accollarsi tale onere quando quasi tutti i poteri sono stati assunti dai presidi; oppure, se “nuovi”, non si ritengono preparati e/o combattivi quanto occorre in una situazione ove i sindacati di Palazzo possono intervenire dall’esterno. In entrambe le situazioni, non si vede come il boicottaggio possa dare risultati.
E poi non dimentichiamo che i voti RSU vanno alle persone, più che alle sigle. Se un docente o un ATA sono stimati, i voti li prendono persino indipendentemente dalla lista. E contro di loro non c’è boicottaggio che tenga.

D’ERRICO
È una campagna di boicottaggio attivo, in primis contro gli artefici del miserabile contratto, che l’Unicobas propone alla categoria ed alle organizzazioni alternative e di base. Nelle scuole dove non va al voto il 50% più uno degli aventi diritto le elezioni sono nulle e quando le rifanno non valgono più per la rappresentanza sindacale: così s’abbasserà la media percentuale dei sindacati pronta-firma. Proponiamo un incontro per stilare una proposta articolata che parta dal calcolo della rappresentanza su lista nazionale.

DEL PRETE
USB ha raddoppiato il numero di liste presentate rispetto al 2015 e quadruplicato il numero di candidati, presentandosi in modo capillare in quasi tutte le regioni. Naturalmente le difficoltà sono state tante, non avendo a disposizione le agibilità dei sindacati concertativi e le disponibilità economiche dei sindacati ricorsifici, ma il risultato ci conforta nell’idea che la scuola abbia bisogno di un sindacato di massa e di classe che rimetta i lavoratori come categoria  non come singoli al centro del conflitto, scuola per scuola. Dove non siamo presenti invitiamo ad annullare la scheda e dare un chiaro segnale di rifiuto; Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda, Anief per noi non sono alternative reali e possibili, vogliamo fugare qualsiasi dubbio di contiguità con queste organizzazioni sindacali ed invitiamo a non votarle, annullando la scheda.