Il rinnovo delle Rsu d’istituto non è ancora partito e già si registrano le prime “scaramucce” tra i sindacati. In occasione dell’incontro preliminare all’Aran del 4 dicembre, infatti, due organizzazioni sindacali, seppure minori, non hanno sottoscritto il protocollo delle elezioni comprensivo di tempistica che impone di non andare oltre il 20 aprile 2018.
Lo slittamento di un mese, come già fatto osservare dalla Tecnica della Scuola, si deve al fatto che, si legge nel protocollo sottoscritto all’Aran, “occorre tenere conto che al momento deve ancora essere definita la data in cui si svolgeranno le elezioni politiche programmate per la primavera 2018”.
Una eventuale contemporaneità delle elezioni – politiche e di rappresentanza sindacale nelle scuole – non garantirebbe infatti, sostengono le parti, “l’esigenza di garantire la piena operatività delle amministrazioni pubbliche”.
Sempre nel protocollo, è stato anche deciso che il calendario dettagliato delle operazioni verrà concordato tra le parti “entro il 10 gennaio 2018”.
L’accordo non è piaciuto all’Unione Sindacale di Base, che parla di “ennesimo attacco alla democrazia sindacale”, per via dell’indicazione della data limite del 20 aprile.
“Avevamo temuto – scrive l’Usb – che le elezioni RSU venissero rimandate, sotto la pressione dei sindacati concertativi, per due ragioni: il rinnovo di un contratto che si preannuncia impresentabile e poco digeribile per i lavoratori e le elezioni politiche anch’esse previste per la primavera”.
“Ci chiediamo ora se il contratto sarà davvero chiuso a breve. Aspettiamo di capire se al misero aumento salariale si aggiungerà qualche piccola concessione pre-elettorale. In qualunque caso i sindacati gialli, CGIL, CISL, UIL e SNALS, avrebbero troppo da farsi perdonare”.
Ed è giusto, sostiene ancora l’Usb, che, Gilda compresa, “paghino il conto” per gli errori fatti negli ultimi decenni.
L’elenco di accuse realizzato dall’Usb ai sindacati maggiori è lungo: “l’inconsistenza politica nel contrasto alla 107, l’ambiguità nei rapporti col PD e il governo Renzi, la firma di ben due contratti sulla mobilità che hanno immobilizzato i docenti a migliaia di chilometri da casa, dove erano stati spediti dalla “Buona scuola”, la complicità col governo nell’attuazione degli aspetti più odiosi della legge 107 (i decreti attuativi, il bonus per il merito, la chiamata diretta, l’Alternanza Scuola Lavoro…)”.
L’aver trattato, senza mai rompere, con il primo partito dell’attuale Governo, quindi, potrebbe costare caro ai sindacati maggiori: l’insofferenza della categoria verso il Pd, confermata dal gruppo di docenti sardi pronti ad “accogliere” l’ex premier Matteo Renzi con messaggi contrariati con tanto di promessa di votare altri partiti, potrebbe in tal caso riflettersi anche sul fronte del rinnovo Rsu.
A non sottoscrivere l’accordo è stata anche la Cisal, che contempla l’Anief: il sindacato creato e guidato da Marcello Pacifico parla di “esordio sofferto” e diffida l’amministrazione ad individuare il prima possibile il calendario delle votazioni.
Inoltre, l’Anief sostiene che la delegazione Cisal “ha abbandonato il tavolo contrattuale, proprio per non sottoscrivere un testo destinato a lasciare scoperte le amministrazioni scolastiche dai loro rappresentanti dei lavoratori, per almeno un mese ma probabilmente per anche più tempo. Il tutto, ricordiamo, senza alcuna copertura legislativa, come ribadito più volte dal Consiglio di Stato. Il motivo della decisione (decisamente flebile) è dettato dall’incertezza della data delle prossime elezioni politiche”.
Il sindacato autonomo si propone, infine, come “mina vagante” di queste elezioni, visto che sostiene di avere già predisposto “4mila liste”.
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