Cambiare la legge Fornero, riducendo i tetti d’accesso pensionistico innalzati in modo esponenziale: è uno dei leit motive della campagna elettorale, ufficialmente avviata con lo scioglimento delle Camere, che porterà alle elezioni politiche di inizio marzo. Ma non per salvare i docenti.
Il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, continua a ripetere che occorre “cancellare la legge Fornero sulle pensioni”.
Gli fa eco il candidato premier del M5S, Luigi Di Maio: qualche giorno fa, parlando della soglia della pensione di vecchiaia, che dal 1° gennaio 2019 si innalzerà di altri 5 mesi passando a 67 anni per via dell’innalzamento dell’aspettativa di vita, il parlamentare grillino ha detto che è inaccettabile. E che con il M5S al Governo “tornerebbe a quella in vigore prima della legge Fornero, a 65 anni.
Pure Silvio Berlusconi, che i sondaggi danno in risalita, promette cambiamenti in caso di approdo al Governo. Per non parlare della sinistra, compresi bersaniani e dalemiani.
Non sono da meno diversi esponenti del Partito Democratico, capitanati da Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, secondo cui “l’impegno per correggere la legge Monti-Fornero sulle pensioni deve proseguire nella prossima legislatura. L’azione riformista che abbiamo intrapreso dal 2012, dopo la realizzazione di ben 8 salvaguardie, Opzione Donna e l’APE sociale, andrà proseguita. Con queste scelte legislative circa 250.000 lavoratori sono stati “salvati” e mandati in pensione con le vecchie regole”.
Per l’on. Damiano “i prossimi obiettivi, realistici e non demagogici dovranno essere: rendere strutturale l’Ape sociale, realizzare la pensione contributiva di garanzia per i giovani, rivedere i meccanismi dell’innalzamento dell’età pensionabile, allargare ulteriormente le categorie dei lavori gravosi (come non includere, ad esempio, i ceramisti che svolgono una attività che contiene molte mansioni usuranti: lavoro notturno, ritmi da catena di montaggio, esposizione al caldo e rischio di silicosi)”.
Degli insegnanti, della loro esposizione ai problemi di salute derivanti da un accertato “stress da cattedra”, nessuno però parla. Eppure del burnout accumulato dai docenti nelle aule scolastiche non ci sono ormai dubbi. Soprattutto tra le donne, che nelle scuola ricoprono otto posti su dieci.
Se si considera che delle promesse fatte in campagna elettorale, solo una parte si concretizza poi sul piano legislativo, le possibilità di vedere approvate deroghe o ‘scivoli’ per il corpo docente rimangono ancora una volta ridotte al lumicino.
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