La storia del presepe è molto antica e risale, come tutti sanno, a San Francesco d’Assisi, uomo del dialogo e dell’accoglienza, che nella notte del Natale del 1223, a Greccio, realizzò il primo presepe vivente.
Da allora esso è entrato nella storia e nella cultura italiana anche grazie ai numerosi artisti e letterati che lo hanno celebrato nel corso dei secoli, basti solo pensare al grande Giotto che lo raffigura nella Cappella degli Scrovegni o alla splendida descrizione del presepe che Corrado Alvaro fa nella sua opera: Gente d’Aspromonte.
Il presepe può e deve divenire occasione per recuperare quei valori universali perduti come la Pace, la tolleranza, e la Serenità che questa nostra società freneticamente consumistica ci sta facendo dimenticare (cfr Dino Buzzati, Milano nostra).
Il presepe ha sempre avuto una grande valenza educativa e formativa nella società italiana, quale “ simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da una specifica confessione religiosa”.
Questi sono solo pochi esempi tra gli innumerevoli esistenti che dimostrano come la tradizione del presepe sia radicata profondamente nella nostra cultura, anche al di là del proprio credo.
Negare la sua realizzazione nelle scuole in nome di un non ben definito rispetto di tutti dove poi alla fine non viene rispettato nessuno, significa indebolire i nostri valori già esistenti e contribuire ad aumentare il divario tra la vita di ogni giorno ed i valori oggettivamente comuni a tutti gli Uomini che il presepe rappresenta; ed ancora voler negare quelle radici cristiane della nostra cultura italiana ed europea che la permeano indipendentemente da ciò che possa essere il credo di ogni individuo.
Carmelo Mirisola
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