Una interessante analisi del fenomeno dei “100 e lode” all’esame di Stato arriva dalla sociologa Chiara Saraceno con un ampio articolo pubblicato dal quotidiano Repubblica e ripreso anche dalla rassegna stampa di Flc-Cgil.
Saraceno parte dal dato che è ormai noto: nel 2007 l’importo del premio era di 1000 euro, l’anno scorso è sceso 255 euro.
Osserva la sociologa: “Legare l’entità del premio al numero degli eccellenti manda un messaggio contraddittorio. Quasi che all’aumento degli eccellenti diminuisse il loro valore individuale. Se non ci sono le risorse, forse allora è meglio cambiare tipo di riconoscimento, con minore valore venale e maggiore impatto simbolico”.
Forse, aggiunge Chiara Saraceno, diminuire l’importo del premio perché i 110 e lode sono in aumento e non sono distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale è “una soluzione ipocrita, che danneggia tutti i bravi indiscriminatamente, senza correggere le eventuali storture di cui non sono certamente responsabili gli studenti, bravi e meno bravi”.
Ma la critica della sociologa punta dritto ad un’altra questione: “A questo proposito trovo abbastanza sorprendente, e più grave della riduzione del premio per i diplomati eccellenti, la decisione di togliere i risultati delle prove Invalsi, che a differenza degli esami di maturità sono omogenee per contenuto e criteri di valutazione su tutto il territorio nazionale, dal curriculum dello studente allegato al diploma di maturità”.
E ancora: “Una decisione ‘a tutela degli studenti’, oltre che dei docenti, secondo il senatore Fratojanni che l’ha fortemente voluta. Come se a danneggiarli non fosse l’eventuale carenza di competenze adeguate in italiano, matematica e inglese, ma la certificazione della stessa in modo obiettivo e standardizzato”.
Ovviamente, chiarisce Saraceno, “si può discutere se, in un contesto segnato da profonde diseguaglianze di risorse e opportunità anche tra i bambini e ragazzi, sia opportuno premiare il merito senza prima mettere tutti in condizione di sviluppare appieno le proprie capacità, certamente la via per superare le diseguaglianze non è quella di nascondere le deficienze e disomogeneità nelle competenze”.
Ma l’affondo finale sembra non concedere repliche: “Aggiungo che questa decisione danneggia gli studenti, specie dei ceti più modesti, che non possono avere così la certificazione europea sulle capacità di comprensione e uso della lingua inglese che le prove Invalsi in inglese fornivano ed è utile sia per l’università sia sul mercato del lavoro. Non potendo usare quella Invalsi, dovranno rivolgersi ad agenzie di certificazione a pagamento. Bel risultato, in nome delle pari opportunità e dell’uguaglianza tra studenti”.
Chiara Saraceno non lo dice in modo palese ma lascia intendere che è un po’ paradossale che questo risultato lo si debba proprio ad una scelta che si autodefinisce “di sinistra”, di quella sinistra che, invece, dovrebbe essere attenta ai diritti dei soggetti più svantaggiati.
Ad ogni modo va detto che proprio nei giorni scorsi la Commissione Istruzione del Senato ha approvato un documento sul tema con l’intenzione di rendere più omogenee le valutazioni degli esami di Stato.
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