Flavia Foradini sul Sole 24 Ore elogia l’esercizio continuo e quindi i compiti a casa: demonizzare lo studio a casa tout court appare come una conclusione affrettata. Chi plaude al forfettario fondamentalismo del “niente compiti a casa” dimentica di diversificare: per ordine di scuola, per numero di ore trascorse sui banchi, per materia, per didattica di classe, per tipo di utenza, per tipologia di compito assegnato.
Un altro dato messo in luce dal Focus Ocse n. 46 è tra chi è avvantaggiato socio-economicamente e chi no e ciò, scrive Foradini, farebbe pensare che la scuola italiana stia andando verso una deriva fortemente classista, mentre ci sono molti Paesi nei quali il divario tra studenti avvantaggiati e svantaggiati è minimo in fatto di opportunità di ore di studio a casa: per esempio in Estonia e Montenegro, Brasile e Danimarca, o Tunisia. In Serbia e Turchia non vi è alcuna differenza nel monte ore tra chi è agiato e chi no.
Tuttavia la vera domanda è: qual è la qualità dei compiti assegnati a casa? Quali e quanti compiti sono sensati? E ancora: com’è la didattica in classe? Si avvale di strumenti – i libri di testo in primis, ma anche altro – all’altezza delle nuove sfide? Su quali materiali lavorano i ragazzi nelle loro stanzette? E cosa significa “8,7 ore sui libri”?
Come lavora un ragazzino tutto il pomeriggio a casa da solo perché i genitori sono fuori a cercare di sbarcare il lunario? Magari è effettivamente alla scrivania per 2 ore al giorno. Ma per quanto di questo tempo è concentrato sullo studio?
I giovani italici, scrive Foradini, apprendono a sufficienza, prima dai genitori e poi dalla scuola, cosa siano pertinenza, efficienza ed efficacia?
Lavorare concentrati per poco tempo, è meglio che dilungarsi per ore sui libri aperti sul tavolo. I finlandesi e i coreani, scrive Foradini, a casa si esercitano meno di tutti: meno di tre ore. Ma evidentemente in modo efficiente ed efficace, visto che hanno le migliori competenze. Gli analisti dell’Ocse affermano del resto che ciò che supera le quattro ore alla settimana, non aiuta la prestazione scolastica in modo significativo. Forse invece che mettere sotto accusa i compiti a casa, andrebbe riconsiderata la filiera a monte.
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