Dedicato a chi come me bambina/o, si riconosce un po’ di anni fa, leggendo queste pagine che arrivano a toccare le corde più segrete del cuore e che il cassetto della memoria trattiene nel chiuso di una scrivania tra le tante carte, nella situazione assai usuale di ritrovare per caso una foto in bianco e nero che riporta indietro nel tempo ricordi mai rimossi insieme al rimpianto e alla nostalgia a mio parere “dell’età più bella”.
Volti particolari, persone significative, edifici imponenti e solenni, episodi particolari indelebili nella vita di ciascuno che nessuna gomma potrà mai cancellare e da cui è partita tutta la nostra storia che ha segnato in qualche modo e a diverso titolo la vita scolastica cosi come le scelte future di ciascuno di noi.
Chi non ricorda i primi giorni, le prime settimane, i primi mesi della scuola elementare cui si accedeva obbligatoriamente a sei anni ma che, agevolava dietro richiesta parentale, l’inserimento nelle classi di due, tre, massimo quattro bambini, cinquenni, oggi i cosiddetti anticipatari definiti “uditori” e ritenuti particolarmente dotati da poter affrontare un identico percorso che si sarebbe concluso con un esame di idoneità nella sessione estiva di giugno e che avrebbe consentito poi il passaggio alla classe successiva?Sicuramente sono tanti i bambini di ieri, adulti di oggi che custodiscono per sempre il volto del/la MAESTRO/A , uno dei tanti, che nella figura austera per l’importantissimo ruolo ( forse anche per i tempi) riconosciuto come unico depositario della cultura ma ugualmente rassicurante e affettuoso nei modi a cui i bambini ( un tempo discreti conoscitori del Galateo di Monsignor Della Casa ) davano “il voi o addirittura lei “ per interfacciarsi con la semplicità disarmante di una pratica fuori moda per i tempi moderni: la buona educazione! Il/la maestro/a di cui a malapena la famiglia conosceva l’identità, men che mai referenze, i suoi studi pregressi o le competenze possedute, cui con assoluta tranquillità affidava il bene più prezioso, ieri come oggi e sempre: i figli.
L’unica differenza, e non è proprio un dettaglio, e che allora alla famiglia non era mai sfiorata l’idea di provare a sapere referenze di questo o quello, ricostruendo attraverso carte d’identità, assemblaggio penoso e assolutamente discutibile, di un tamtam di notizie frammentarie, spesso dubbie, frutto solo di mediocri chiacchiericci metropolitani per cercare di vedere assicurato” il più importante trofeo”: il più bravo insegnante e in qualche modo garantire il meglio al proprio figliolo. Cattive abitudini di questo tempo dove ancora una volta la classe docente non è riconosciuta come dovrebbe!
Se solo si pensasse che l’accesso ai ruoli dello stato non è proprio una passeggiata e che i più sono passati attraverso le maglie di concorsi seri e rigorosi!
E da nord a sud, passando per il centro, esistono davvero molti bravi maestri di quelli che lasciano un segno e che sicuramente molti di noi hanno avuto la fortuna di incrociarli sulla propria strada. Tutto questo per condividere in pieno le parole di Giovanni Pacchiano, noto professore di latino e greco di licei milanesi nonché penna illustre di un’importante testata giornalistica nazionale, in risposta ad un sos di una maestra che lamentava un uso limitato del corsivo in favore di “percorsi meno impegnativi”.
Il suo “elogio del corsivo”condiviso in un coro unanime di voci autorevoli da Tullio de Mauro a Giorgio Israel proseguendo per il prof Sabatini, che si rammaricano dello “scadimento dei curricola” nel primo ciclo di istruzione, che a loro avviso, è possibile ipotizzare(in diverse scuole della penisola per il proliferare delle classi 2.0 già soppiantate dalle più innovative 3.0 ) per una cura poco incisiva dell’esercizio del corsivo nei primi mesi di scuola. Si progettano tanti corsi opzionali di scrittura creativa e non è forse questo esercizio(tracciare con cura letterine centrando spazi )ancor più straordinario ,che apre ad affascinanti orizzonti ed imprecisate conquiste? La bontà, come il valore della scrittura, frutto di un lavoro lento e paziente che solo la grande passione di un MAESTRO/A può esplicitare e declinare nelle sfumature più diverse e nelle maglie a volte precise altre volte imperfette, come un ricamo unico, sottile, originale , proprio di quei bambini di quella classe, a cinque sei anni non può essere compreso se non come noioso e stancante. Allora , ritorno ai primi giorni di scuola di ognuno di chi ha condiviso con me, e a quella ideale maestra ANNAMARIA di quella scuola elementare, la più antica per istituzione e prestigio, non solo perché del centro, ma soprattutto per popolazione scolastica, che in una già numerosa prima prestava la stessa identica cura tanto ai bambini regolari quanto agli uditori e con la sua unica, irripetibile forza dell’amore e dell’incoraggiamento, partendo dalle odiosissime astine e dopo lunghe settimane arrivava a far scrivere pazientemente le letterine su ogni quaderno ,passando tra i banchi aiutando accompagnando con la sua mano chi era stanco e voleva fermarsi e plaudendo a chi riusciva a darle la giusta ricompensa quotidiana di soddisfazione. La maestra in questione, moglie di un direttore didattico di altro circolo con un’imponenza fisica ed austerità che ben si coniugava col suo ruolo che poteva incutere una certa soggezione ma che si mitigava nel sorriso sornione di un uomo d’altri tempi, fantastico nella signorilità e nell’eleganza dell’esercizio di un ruolo difficile ed impegnativo, è una figura irripetibile nella crescita di intere generazioni che non si può stemperare nel ricordo di una istantanea che ti capita un giorno tra le mani né dimenticare facilmente.
Maestre d’altri tempi (come ancora ritengo ce ne siano, ma molto più caricate e avviluppate dalle varie funzioni di staff e/o referenze di progetti, impegnate in percorsi continui di aggiornamenti vari) molto concentrate sull’irripetibilità del bambino, attente alle specificità fisiche di ciascuno (capelli, occhi, forma del viso) ma soprattutto ai bisogni, alle peculiarità degli stili cognitivi e dei ritmi di apprendimento dove ostacoli insormontabili non ce n’erano per nessuno. Credo che la pedagogia bruneriana “dell’esplosione produttiva”(della parolina N-A-V-E scomposta in maniera analitica nei singoli grafemi, poi composta a livello globale ed infine letta prima fonema per fonema e poi in toto) per queste MAESTRE seppure letta su un qualche manuale e sicuramente sperimentata empiricamente sul campo fosse secondaria ,alla ben più pregnante PEDAGOGIA DEL CUORE !!!Allora oggi “l’elogio del corsivo “del professore Pacchiano assolutamente non va proprio svenduto del tutto ,in una società sempre più asservita agli smartphone ,ai tablet alle lim dove a casa come a scuola ,per il trasformismo dei tempi, il nuovo manda in soffitta il vecchio ,rendendo inconciliabili i due mondi.
Ma c’è sempre la mano che volente o nolente scorre sul foglio di carta, mettendo in campo tutte le funzioni motorie, e che prima o poi del tutto è costretta a cedere il passo al mouse o al dito indice, per avviare configurazioni diverse a scuola(bellissime ed assolutamente stimolanti per “i figli di questo tempo”) cosi come nel mondo del lavoro, che vanno dalle costruzione, progettazione, verifica e correzione di attività di lavoro ,e altrettanto nel privato dove l’acquisto di beni di consumo o qualunque tipo di transazione o addirittura la ricerca del compagno della propria vita, avviene ahinoi ,attraverso il clic di un display!!!! E allora, non è un caso, che il prof Pacchiano, ai migliaia di allievi che si sono formati alla sua scuola e che divenuti adulti lo salutano per strada associ a quel volto la scrittura di un compito di latino o greco che rimane segno distintivo di irripetibili personalità e “specchio di un mondo” cui solo un MAESTRO può accedere nella gratuità di questo privilegio. Attraverso la pluralità di “grafie differenti”: “arruffate, tonde, nitide, ordinate, incatenate, piccolissime, da lente di ingrandimento “,che ogni giorno scorrono davanti agli occhi di chi insegna, gli anni di scuola vanno avanti velocemente.
Ma questa è un’altra storia che appartiene solo a chi ha saputo conservare intatte il ricordo di mille emozioni, che nessun segno del tempo potrà mai sbiadire, con la consapevolezza di aver trasferito la bellezza dello scrivere su mille pagine bianchissime con l’inchiostro e la grafia che gli appartiene, perché per una volta nessun professore potrà mai correggere con la matita rosso-blu : uniche cose che vale la pena ricordare!!
Ps Alla mia cara maestra Annamaria Carrano Orselli che mi ha insegnato il corsivo (e non solo )e ai tanti colleghi, bravi MAESTRI competenti e appassionati che ogni giorno sono in grado di trasferire il senso profondo della loro meravigliosa professione!
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