I segnali ormai ci sono tutti: per tornare indietro sulle 24 ore i fondi andranno reperiti nel bilancio del Ministero dell’Istruzione che ormai è sempre più povero.
Le possibilità sono sostanzialmente due: o si procede con tagli lineari sull’intero bilancio o su individuano un paio di capitoli di spesa da ridurre drasticamente.
La prima soluzione appare difficile anche perché un taglio generalizzato dell’8-10% (tanto vale, all’incirca, la quota di 170 milioni necessaria per evitare l’aumento di orario) metterebbe a rischio l’intera gestione del Ministero.
Per esempio ridurre del 10% il fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole significherebbe mettere in forse persino la gestione del conto corrente bancario e le attività obbligatorie in materia di sicurezza (incarico al medico del lavoro e al responsabile per la sicurezza).
Tagliare le risorse per la formazione e l’aggiornamento risulta di fatto impossibile perché già ora sono ridotte a una manciata di milioni.
A allora l’unica strada concretamente percorribile appare quella di intervenire sul fondo di Istituto ossia sulle risorse che attualmente vengono utilizzate per retribuire l’impegno aggiuntivo del personale docente e Ata, fondo da quale i sindacati vorrebbero attingere anche per garantire il riconoscimento degli scatti stipendiali.
Se questa ipotesi dovesse avverarsi la contrattazione di istituto per il 2012/2013 si ridurrà a ben poca cosa e tutte le trattative che si sono svolte nelle scuole in questi due mesi andrebbero riviste in modo pressoché radicale.
In pratica se dal fondo di istituto si dovessero recuperare 170milioni di euro per sventare l’ “operazione 24 ore” e altrettanti (è questa la previsione che fa da più parti) per garantire gli scatti di stipendio il fondo risulterebbe decurtato di non meno di 350milioni di euro, pari – secondo stime attendibili – al 20% di quanto disponibile fino ad ora.
La questione si sta ripercuotendo nelle scuole che stanno letteralmente navigando a vista senza sapere che fare.
Il risultato è che da un lato le norme del “decreto Brunetta” che hanno di fatto cancellato parte dell’articolo 6 del CCNL e i tagli al fondo di istituto (ormai inevitabili) stanno rendendo sempre più evanescente la contrattazione di istituto che, nell’arco di un paio d’anni, potrebbe sparire quasi del tutto per mancanza di soldi e di materia su cui trattare.
Anche se, a dire il vero, potrebbe esserci una terza via: rinunciare, almeno fino al 2014, al progetto della “scuola digitale. Ma ci starà il ministro Profumo a “perderci la faccia” su una questione che egli stesso ha fin da subito dichiarato essere centrale e irrinunciabile ?
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