“Come psicologi non siamo solo abituati vedere il comportamento, il comportamento individuale è la punta dell’iceberg di qualcosa che si manifesta sotto. Dobbiamo fare analisi del contesto, macro e micro”. Ce lo spiega Elena Arestia, psicologa scolastica, durante l’appuntamento di Tecnica della Scuola Live del 3 novembre nel quale abbiamo commentato i tanti casi di cronaca scolastica, tra docenti aggrediti (o talvolta aggressori) e genitori iperprotettivi.
“Per il contesto macro, la domanda è: che investimento si è fatto per la scuola pubblica? – chiede provocatoriamente l’esperta – Alcuni dati della commissione europea tra il 2010 e il 1018 segnalano un impoverimento del 7% di spesa per Istruzione pubblica, e il dato peggiore è per la scuola superiore. Tutto questo è precipitato ulteriormente da dopo la pandemia, che ha spostato l’accento sui fattori micro. Gli studi dell’Ordine degli psicologi ci dicono che un ragazzo su dieci viene diagnosticato per disturbi della sfera mentale (ansia e depressione); un ragazzo su due manifesta disagi di tipo psichico. La richiesta per attività di consulenza e di psicoterapia è aumentata del 31% per la fascia 15-19 anni. Quindi da una parte investiamo poco nella scuola, dall’altra i ragazzi manifestano un enorme disagio”.
“Cosa dobbiamo fare? La risposta va data nel sociale e va data anche una risposta di rete: è molto importante sviluppare un’educazione adulto-centrica – spiega – perché tutte le ricerche ci dicono che i maggiori fattori di protezione per quanto riguarda la salute mentale sono connessi con le competenze genitoriali. Bisogna formare i genitori”.
“Avere dei genitori supportivi e senza disagi psicologici fa la differenza – continua – quindi bisogna investire sui servizi territoriali, sui servizi di salute mentale a livello pubblico che sono da sempre carenti. Quindi la risposta non va data sul singolo dato ma è una risposta che si allarga a 360 gradi.
Anche Filomena Labriola, pedagogista e presidente Anpe (Associazione Nazionale Pedagogisti) per Puglia e Basilicata, parla di educazione adulto-centrica: “La cosa che mi preme sottolineare è che ci troviamo di fronte a un’emergenza e come adulti abbiamo sbagliato perché i cambiamenti vanno trasformati in sfida, non in emergenza. Quello che io ribadisco è che dagli anni ’90 ad oggi è prevalso un modello bambino-centrico, ma gli interventi educativi devono essere adulto-centrici, dobbiamo pensare a un sistema educativo adulto. Non significa che l’adulto debba prevalere, ma che, ad esempio, nella giornata dell’infanzia, io pedagogista devo spiegare ai genitori quali sono i diritti dei bambini, non lo devo spiegare ai bambini”.
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