Home Politica scolastica Emergenza educativa? Il ruolo che può svolgere il docente

Emergenza educativa? Il ruolo che può svolgere il docente

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Emergenza educativa? Sicuramente esiste ma non si dia la colpa solo ai ragazzi e alle famiglie, a cui nessuno tuttavia vuole togliere le dovute e forse pure gravi responsabilità. Non sta solo lì il problema. 

Talvolta, al di là dei sociologismi di maniera, occorrerebbe pure riprendere i vecchi classici e uno fra i più interessanti arriva da Antonio Gramsci quando affrontava il problema del ruolo dell’intellettuale nella società moderna. 

Ma anche la poetica di Brecht può venire incontro con la sua preposizione del teatro di ammaestramento per fare riflettere le masse e condurle alla corretta percezione del loro ruolo. Se infatti si leggono con occhio critico le tante indignate proteste di docenti e genitori si coglie sempre una sorta di nostalgico rimpianto verso il passato, quando il rispetto e la considerazione sociale nei confronti del maestro erano per certi versi riconosciuti unanimemente.  

Ma fino a trent’anni fa (e si era già al crepuscolo) non poteva essere altrimenti perché il rappresentate certo della cultura (dominate direbbe Gramsci) era proprio il maestro che sapeva praticamente tutto, anche perché possedeva i mezzi di informazione ed era al corrente, tramite i pochi giornali o le scarse notizie alla radio, dei movimenti culturali, politici e sociali che navigavano nel mondo. E al maestro del paese o del rione o del quartiere nelle grandi città ci si rivolgeva talvolta per leggere o scrivere una lettera al parente lontano della cui residenza geografica non si aveva spesso conoscenza. L’America dov’è? E l’Oceano? Da questi elementari saperi nasceva il prestigio dell’uomo di cultura che a tutto dava risposta, come lo stregone nelle società primitive, assumendo così un ruolo che ancora solo i politici riescono a detenere proprio perché gestiscono sapienze (e poteri) di cui tutti gli altri non potranno mai accaparrarsi. 

Se si sposta il discorso alla scuola del terzo millennio, si capisce che il maestro non ha più questa sorta di carismatico dominio stregonesco e non solo perchè le informazioni sono alla portata di tutti ma anche perché i destinatari sono diventati per lo più i giovani, quegli alunni a cui si insegna chi è Castruccio Castracani o l’uso della consecutio temporum. 

In altre parole gli alunni hanno capito che senza Dante si può felicemente vivere e per mandare messaggi con lo smartphone la consecutio temporum non serve.

Ma la cosa che di più depone sfavorevolmente sul prestigio del “maestro” è la sua latente difficoltà a comprendere il mondo d’oggi, ma dal punto di vista del ragazzo e degli strumenti che egli ogni giorno adopera. 

Ci spieghiamo meglio. 

C’è un bellissimo racconto di Giovanni Mosca del 1940 il quale, nel ruolo di maestro in una quinta elementare di facinorosi, riesce a dominarli al suo primo giorno di scuola allorché con una fionda rudimentale, presa a un ragazzo, colpisce a volo un calabrone. Con quel gesto il maestro ha tolto ai suoi allievi l’unica presumibile conoscenza-abilità in più nei suoi confronti. Da quel momento può imporre sé stesso e quindi la cultura di cui i ragazzi hanno più bisogno. Il ruolo dell’intellettuale gramsciano per certi versi è anche questo: anticipare il sapere e gestirlo per ammaestrare, come il teatro politico di Brecht. 

E allora, fino a quando i maestri a scuola non sapranno e conosceranno di più dei loro alunni rischiano sempre qualcosa. È un invito a nozze per un bulletto provocatore capire che il suo docente sa poco di novità tecnologiche, ma anche di tutto quel mondo sotterraneo e talvolta pure misterioso frequentato dagli adolescenti. E non solo! 

Ma il professore dovrebbe pure vigilare sulle hit parade, sui miti e i modelli che il cinema e la tv propongono, e quando il caso si presenta, come quel calabrone descritto da Mosca, scagliare la pallina di carta con la fionda. 

E siccome il maestro, in qualità d’intellettuale, sa che l’autorevolezza scatta anche dalla detenzione di queste conoscenze non può esimersi dall’aggiornarsi o di rischiare di smarrire la sua vigilanza e il controllo dei saperi; né tantomeno può limitarsi a piangere o ridere o denigrare perché il suo ruolo è essenzialmente capire.