Si è tenuto in questi giorni un incontro al Viminale tra il presidente dell’ANCI – Associazione dei Comuni italiani Antonio Decaro con il ministro Piantedosi, durante il quale i sindaci hanno voluto lanciare l’allarme per la gestione dell’affluenza nei territori italiani di migliaia di minori non accompagnati, fenomeno migratorio in netta crescita. Si è ribadito come la presenza di bambini e bambine che raggiungono l’Italia da soli sta creando un disagio grave alle persone che cercano rifugio in Italia. L’ANCI ha invitato tutte le istituzioni ad impegnarsi per dare al mondo l’immagine dell’Italia come paese attento e impegnato nella salvaguardia della vita umana e dei diritti di tutti, proprio a partire dai più deboli e indifesi: bambine e bambini, ragazze e ragazzi che si ritrovano spesso soli e senza niente in paese straniero.
“Noi sindaci – ha detto ancora il presidente dell’Anci – pensiamo che in Italia sia possibile organizzare un sistema di accoglienza e integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati al tempo stesso sostenibile, programmato, equilibrato e diffuso a livello regionale, provinciale e comunale. Per questo, è necessario il coinvolgimento, su base volontaria, di tutti i Comuni italiani. I Comuni sono disponibili, a patto però che siano dotati di risorse adeguate e che il sistema nel suo insieme venga ridisegnato e riorganizzato”.
I sindaci dell’ANCI hanno fatto al Ministro degli Interni proposte molto concrete, considerando che a valle di una rete di centri di prima accoglienza esclusivamente a carico e sotto la responsabilità del Ministero dell’Interno, i minori accertati dovrebbero essere trasferiti esclusivamente in strutture SAI – Sistema Accoglienza e Integrazione, quindi di competenza comunale, i cui posti dovranno essere adeguatamente ampliati perché ora sono evidentemente insufficienti. I numeri parlano: attualmente, con 21 mila minori non accompagnati la cui accoglienza spetta per legge ai Comuni, i posti autorizzati sono solo 6207. I sindaci chiedono che la rete SAI diventi stabile, strutturata, continuativa nel tempo.
Alla richiesta dei sindaci fa eco l’alto numero di bambini e bambine non accompagnati che oggi chiedono assistenza: sono quasi 21.000 (aprile 2023), di cui oltre il 60% di nazionalità egiziana, seguiti da ucraini (1/5 dei minorenni stranieri), tunisini, albanesi, guineani, ivoriensi, pakistani, afgani e eritrei.
Il sistema di accoglienza si basa su due fasi: la prima accoglienza che di solito riguarda un terzo dei minorenni, e la seconda accoglienza che è organizzata da comuni e istituzioni locali. L’accoglienza e l’integrazione di bambini e ragazzi che vivono situazioni difficili richiede risposte multilivello: dalla prima accoglienza all’inclusione scolastica, dall’accesso ai servizi alla tutela delle fragilità.
L’Italia ha un sistema di tutela unico e organico applicabile a tutti i minori residenti sul territorio italiano, che garantisce l’accesso ai percorsi per l’assolvimento dell’obbligo scolastico e il diritto dovere di istruzione fino al diciottesimo anno di età. Il sistema è esteso, con pari garanzie, anche ai minori fuori dalla famiglia, siano essi italiani o non italiani, questi ultimi individuati con l’acronimo MSNA, Minori Stranieri Non Accompagnati, che descrive bambini e bambine, ragazzi e ragazze, presenti nel territorio nazionale senza la presenza di persone del proprio nucleo familiare.
Il diritto allo studio viene sostenuto da numerosi provvedimenti, di cui si trova l’elenco alla pagina https://www.miur.gov.it/minori-stranieri-non-accompagnati. In particolare si ricorda che nelle “Linee guida per il diritto allo studio deli minori fuori dalla famiglia di origine del 2017 si afferma che “Per garantire il diritto allo studio di questa tipologia di alunni, occorre consentire l’iscrizione e l’inserimento a scuola in qualsiasi momento dell’anno, anche dopo la scadenza dei termini e presentando la domanda d’iscrizione direttamente alla scuola prescelta, senza dover obbligatoriamente usare la piattaforma delle iscrizioni online”.
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