I dati del Rapporto Invalsi, certificano, anno dopo anno, che la “scuola al sud è un’emergenza sociale che stiamo nascondendo sotto al tappeto”.
A scriverlo Linkiesta secondo cui, fra le altre negatività, questi dati rendono ancora più chiaro il problema del mezzogiorno e il suo essere “ancora più zavorra di quanto già lo sia. Perché fa della fuga l’unica strategia di sopravvivenza al disastro educativo. Perché ne depaupera, di generazione in generazione, la qualità della classe dirigente. La diciamo meglio: un Sud con una scuola del genere, è un Sud senza alcuna speranza di salvezza. Un Sud che non riesce a costruire nelle generazioni future il germe di una rinascita non ha alcuna possibilità di rinascita”.
“Certo, non tutta la colpa può essere data alla scuola”, mentre appare certo che nel sud si sia smarrito il concetto dell’istruzione “come ascensore sociale, del sapere come strumento di emancipazione dall’indigenza e dalla marginalità. Consapevolezze, queste, che sembrano del tutto assenti nel contesto delle società meridionali, dove la speranza di un futuro migliore da conquistare attraverso l’istruzione cozza contro un dato di realtà in cui il merito non esiste, o quasi. E dove i percorsi di apprendimento informali – l’università della vita, sia detto senza ironia – sembrano più utili dell’italiano o del latino per sopravvivere”.
Tuttavia se si voltasse pagina, se improvvisamente, sottolinea Linkiesta, lo Stato si prendesse la responsabilità e l’onere di cambiare faccia a questa vergogna dei dati Invalsi, “assumendosi l’onere di investire in cultura e nella educazione dei giovani costruendo “Edifici scolastici nuovi di zecca, tempo pieno ovunque, insegnanti più preparati e motivati, lotta senza quartiere all’abbandono scolastico: immaginate cosa sarebbe il Mezzogiorno dopo vent’anni di una cura di questo tipo. Immaginate quanta manodopera in meno per la criminalità organizzata, quanta qualità in più nella classe dirigente, quanta volontà in più di intraprendere e provarci, forti della consapevolezza delle proprie qualità, e quanta frustrazione in più per chi si rende conto che il suo sapere non possa essere valorizzato nel proprio contesto di riferimento. Ecco: oggi quella frustrazione è di troppo pochi. Oggi quell’incazzatura non è abbastanza prevalente per scatenare una rivoluzione civile del Mezzogiorno. Date a quei territori una scuola che funziona e vedrete la riscossa”.
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