A Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico che fin dal primo lockdown di un anno fa si occupa dei risvolti pedagogici e sociali delle condizioni in cui si lavora nelle scuole, abbiamo chiesto di raccontarci cosa sta osservando in questa fase.
Continuo a ricevere molte telefonate e molti messaggi di dirigenti scolastici, insegnanti e genitori su ciò che sta accadendo nelle scuole e nelle classe del primo ciclo a seguito del “ritorno a casa” di bambini e ragazzi legato alle regole previste per le zone rosse e alla diffusione della “variante inglese”.
Ma cosa c’è di diverso rispetto allo scorso anno?
In questa fase sto assistendo ad una “frenesia curricolare” nell’attività della Dad, cosa ben diversa dall’epoca della primavera 2020 che io avevo chiamato della “didattica della vicinanza”, quando avevamo assistito ad una generosa azione dei docenti più attenta alla relazione educativa che alla necessità di completare il “programma”.
Cosa intende per “frenesia curricololare”?
Mi raccontano di una specie di una “pandemia pedagogica” e di un iper curricularismo online di dubbio valore.
Per esempio in alcune classi si fanno 8 ore di lezione online tendenzialmente frontale, con 15 minuti di pausa tra un’ora e l’altra. Sconcertante.
Ma perchè sta accadendo tutto questo?
Credo che sia mancata una adeguata riflessione pedagogica sugli eventi scolastici del periodo febbraio-giugno 2020 che ha prodotto una ripresa delle lezioni a settembre con l’ansia del “recupero del programma” e della “sicurezza limitante”. Da qui il forte aumento di lezioni frontali e di compiti per casa, favoriti anche dal fatto che le regole sanitarie da seguire in classe riducevano di molto la flessibilità didattica e la progettualità (es. progetti interdisciplinari, uscite, ecc…).
E’ indubbio però che la ripresa della diffusione del virus sta demoralizzando un po’ tutti
E’ vero, ed io temo che questa pandemia pedagogica possa continuare a lungo, con molte ore di Dad, lezioni frontali online, e poca relazione educativa. Con effetti depressivi per tutti, anche dei genitori. È evidente che questa seconda primavera di Covid è più dura della precedente, ma proprio per questo merita riflettere e rallentare, flessibilizzare e addolcire questa pandemia dell’online direttivo.
Dal suo osservatorio come vede i ragazzi e in particolare i più piccoli della scuola primaria?
Mi sembra che lo stato d’animo negativo, lo stress, le depressioni e le tristezze nei nostri bambini e ragazzi siano in aumento.
Cosa suggerisce?
Secondo me anche nell’online ci vuole una vicinanza dialogante e rassicurante senza l’ansia nevrotica dei programmi.
Ci vogliono più relazione educativa attivistica, più “I care” donmilaniano, meno tabelline, meno capitoli di storia, meno compiti per casa.
Lei cita spesso Don Milani, ma cosa c’entra il Priore di Barbiana con la pandemia da Covid-19?
Alla sua epoca la pandemia era data dalla selezione di classe e da una scuola rigida e disinteressata alla dimensione esistenziale dell’educazione.
Don Milani andava a prenderseli a casa uno per uno i suoi ragazzi, non li mollava mai, il suo “I care” era anche emotivo e comunitario.
Ma c’è una soluzione: sortirne insieme è la politica, come il Priore diceva spesso.
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