Da quando Michele Emiliano si è candidato alla segretaria nazionale del Pd, la Scuola è diventata uno dei sui “pallini”.
Appena ha l’occasione, il democratico pugliese manda stilettate al suo rivale numero uno, l’ex premier Matteo Renzi, reo di aver prodotto una riforma dell’istruzione che non è mai piaciuta alla maggioranza dei cittadini. Emiliano, evidentemente, conosce bene il malcontento. Non è casuale, riteniamo, questo improvviso avvicinamento ai problemi della scuola, di chi ci lavora e degli alunni.
Come, del resto, ne è consapevole anche Renzi. Il quale però si è accorto del “misfatto” quando ormai c’era poco da fare. Se non chiedere scusa agli italiani “per aver speso tre miliardi sulla Buona Scuola e aver scontentato tutti”. Non a caso il suo successore, Paolo Gentiloni, ha dato il benservito all’on. Stefania Giannini da ministro: l’unico a perdere la “poltrona” nel traghettamento dei due Governi.
Emiliano, che rispetto all’ex sindaco di Firenze non ha la “zavorra” della riforma da cui doversi liberare, ha capito quanto è importante battere dove il dente duole.
Parlando il 20 aprile ai giornalisti, in occasione della conferenza di organizzazione della Uil Scuola ‘Nelle scuole tra la gente’, a Castellaneta Marina, in provincia di Taranto, ha detto che “quando è stata fatta la riforma della ‘Buona scuola’, nei famosi mille giorni, c’era l’idea che l’importante era fare tutto e in fretta, non contava il risultato, bastava fare una bella conferenza stampa in tv. Poi il fatto che un algoritmo abbia stravolto, dopo anni e anni, le vite delle persone, questo non era importante. Avere perso il rispetto nei confronti del mondo della scuola, e averne perso il sostegno, e in questo caso parlo da esponente del Pd, è stato un fatto gravissimo, da irresponsabili“.
Emiliano ha ricordato che “moltissimi di noi si sono fatti valere grazie alla scuola pubblica e fa male pensare che questo mondo sia stato così bistrattato, per certi versi, anche ignorato. Sono state operate scelte che hanno mancato di rispetto a persone e famiglie che avrebbero invece meritato ben altro trattamento. Mi auguro che con i cambiamenti, con le sconfitte politiche di chi ha avuto la responsabilità di governare negli ultimi mille giorni, la scuola possa tornare ad essere un luogo sul quale il centrosinistra e il partito democratico possano fondare la loro essenza“.
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Poi ha aggiunto: “senza la scuola pubblica, io non sarei qui a parlarvi, non avrei le capacità e non avrei, forse, neanche avuto la formazione sufficiente per farlo. Ma, grazie a questo mondo, tutto può essere cambiato, una vita può essere cambiata. E dunque, chi ha in mano il destino dei nostri figli non può essere trattato come un rompiscatole che, per sua sventura, non ha mai avuto un contratto a tempo indeterminato e, per questa ragione, la sua vita deve essere stravolta da scelte adottate sopra la sua testa. Mi auguro che questa riforma della ‘Buona scuola’ possa essere azzerata e riscritta con il sindacato, con le famiglie e con i rappresentanti degli studenti, per riunificare nuovamente l’Italia”.
Insomma, per il momento Emiliano non sembra andare molto oltre due concetti basici: gli errori nei trasferimenti (di cui ha preso coscienza la scorsa estate, quando in tanti suoi corregionali lo hanno probabilmente sollecitato a trovare una soluzione) e la necessità di cancellare la Legge 107 del 2015 (senza però entrare nel merito, come se fosse tutto indistintamente da buttare).
Sperare, tuttavia, che la legge finalmente “buona e giusta” possa essere realizzata assieme a sindacati, genitori e studenti, appare un piano difficilmente realizzabile. Se non altro, perché le loro idee e proposte non potrebbero con ogni probabilità avere alcune speranza di essere approvate, successivamente, nei palazzi delle commissioni parlamentari.
Chi autorizzerebbe, ad esempio, l’assunzione in ruolo di 100mila docenti, tutti assieme sui posti vacanti, come chiedono ad esempio da tempo immemore le organizzazioni sindacali? Quale ministro dell’Economia potrebbe avallare la moltiplicazione delle borse di studio, che chiederebbero sicuramente gli studenti se nei panni dei legislatori? Chi potrebbe dare seguito, invece, alle richieste delle famiglie che vorrebbero i loro figli a scuola almeno sino ai primi di luglio, per poi avviare il nuovo anno già prima che inizi settembre?
Insomma, la proposta di Emiliano può trovare credito in teoria. Poi, nella pratica, le cose devono avere una loro logica.
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