La Tecnica della Scuola ne ha già dato notizia: Mascalucia, in Sicilia, una maestra elementare è stata presa a calci alle ginocchia, fatta cadere (era reduce da un intervento chirurgico proprio a un ginocchio) e picchiata in testa da un suo piccolo alunno di sei anni, sotto lo sguardo compiaciuto dei genitori del piccolo eroe. Costoro, infatti, non solo non avrebbero fatto nulla per impedire al proprio rampollo di nuocere all’insegnante, ma si sarebbero scagliati contro quest’ultima accusandola di esagerare per «dare spettacolo».
Mascalucia è una ridente cittadina presso la bellissima Catania, con più di 32.000 abitanti, adagiata «Là dove calca la montagna Etnea / Al fulminato Encelado le spalle» (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, XII 1). Vi abitano per lo più brave persone, che lavorano in gran parte fuori dal territorio comunale. Raramente Mascalucia era balzata agli onori della cronaca prima di questo assurdo episodio. Nel 1993 il suo consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni mafiose (D.P.R. 166 del 13/7/1993, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17/71993): secondo la prefettura di Catania, Mascalucia era all’epoca uno dei più importanti nuclei del circondario per associazione mafiosa. Da allora, però, nessun fatto grave o rilevante, se non la cronaca quotidiana di un tranquillo centro turistico in un territorio ricco di splendide attrattive naturali e culturali, e abitato da persone oneste.
Tra l’altro, a onorare questa cittadina è la sua storia recente: il 3 agosto 1943, quando ancora l’Italia era alleata di Hitler, a Mascalucia si verificò uno dei primi casi di sollevazione popolare contro i nazisti.
Che cosa, dunque, può aver spinto una pacifica famiglia di un centro così tranquillo dell’entroterra catanese a comportarsi nel modo che abbiamo descritto (e che è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi analoghi accaduti in tutta Italia negli ultimi anni)? Come è cambiato il “DNA sociale” e civile degli Italiani nell’ultimo quarantennio? Come sono visti oggi i docenti dal cittadino medio italiano? Possibile che una persona comune non sappia più distinguere tra una docente che rimprovera il suo fanciullo e un nemico meritevole di violenza e di scherno? A che punto è la cottura dell’italiano medio nel brodo della manipolazione mediatica e della confusione mentale (di natura paranoide), che porta a considerare nemico chiunque appaia d’ostacolo al proprio più becero individualismo?
Abbiamo già sottolineato più volte come la maggior parte dei media, anziché informare, distragga i cittadini dai problemi reali. Lo fanno inconsapevolmente, semplicemente per fedeltà alle leggi del mercato? Difficile dirlo. Di certo c’è solo il risultato: e cioè che le élite al potere sono sempre più libere di manovrare senza intralci le leve della mutazione neoliberista. Lo conferma la scelta delle notizie dei telegiornali. I quali, tra le migliaia di dispacci che ogni testata giornalistica riceve quotidianamente dalle agenzie, diffondono solo quante notizie si potrebbero contare sulle dita di una mano monca: tutto il resto è chiacchiera vacua e disorientante. Lo spettatore viene distratto da un diluvio di servizi (spesso spropositatamente lunghi) sul tempo, sul traffico, sui disagi creati dagli scioperi (senza mai citare le motivazioni degli stessi), sull’ultimo videogame di moda tra gli adolescenti, sull’ultimo film di successo (alle cui sequenze si sacrificano altri preziosi minuti), sulle mutande del vip lanciate alle sue fan, sul calcio, sul calciatore, sulla fidanzata del calciatore, sui tatuaggi del calciatore. Alla fine lo spettatore (se privo di capacità critiche) è inebetito, disinformato, fesso e contento. Espropriato della propria mente e della propria libertà, si sente libero perché trasformato in essere semiumano, pronto a fare e pensare come si vuole che pensi ed agisca.
«Tout se tient», direbbe Ferdinand de Saussure. Nulla di quanto sta accadendo è casuale. L’attuale disastroso assetto politico, sociale, culturale del nostro Paese (che i docenti scontano per primi) è frutto di scelte, e così l’attuale situazione economica ed il continuo aumento dei poveri. La povertà (economica, culturale, umana) non è un dato di natura, ma l’effetto di scelte economiche ben precise, miranti non ridistribuire il reddito, ma a convogliarlo nelle tasche di pochi: i soliti pochi. Proprio per ottenere questo effetto tutti i Governi degli ultimi 30 anni (gli ennesimi Governi dei ricchi, esito di accordi tra ricchi) hanno colto l’occasione offerta dalla crisi italiana per demolire (anziché rafforzare) stato sociale, Scuola, Sanità, garanzie per i lavoratori? Hanno voluto coscientemente far regredire l’Italia da Paese moderno Stato neomedievale fondato sul turboliberismo più sfrenato? Hanno incarnato consapevolmente quell’autentico “integralismo liberista” che persino Obama dava l’impressione di voler contrastare negli Stati Uniti, perché conscio di quanto esso distrugga il bene comune (e per impedire che tutto crolli prima o poi sulle stesse classi egemoni)?
Duole dirlo, ma, se qualcuno ha veramente perseguito questi obiettivi, ora sembra effettivamente a un passo dal toccare la propria meta. Le ripetute violenze sui docenti lo dimostrano inequivocabilmente. L’ultima speranza consiste in quei pochi che ancora resistono, mettendo al servizio degli altri le proprie capacità, la propria etica, il proprio tempo, le proprie energie per risvegliare la comune consapevolezza del pericolo ed il sogno di un’altra possibile realtà. Sono pochi, costoro, è vero. Sono pochi, e molto spesso fanno gli insegnanti. Eppure la storia umana è sempre progredita grazie al pensiero e all’azione delle minoranze attive. Mai e poi mai per l’ignavia delle masse acquiescenti.
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