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Epilessia in classe, troppi docenti non saprebbero che fare

Cosa deve fare un docente se un suo alunno è vittima di una crisi epilettica? A questa e altre domande realizzate dalla Doxa per la “Lice”, la Lega Italiana contro l’epilessia, sulla malattia neurologica che in Italia colpisce quasi una persona su cento con 30.000 nuovi casi l’anno, hanno risposto 600 insegnanti di scuole primarie e secondarie inferiori in occasione della IX Giornata nazionale per l’epilessia, in programma domenica 2 maggio. Dall’incrocio delle risposte non è emerso un quadro positivo: gli esperti hanno giudicato infatti allarmante la scarsissima conoscenza del modo più adeguato per intervenire in caso di crisi epilettica. “Il 64% degli insegnanti – si legge nel rapporto finale – ha dichiarato infatti di ritenersi poco o per nulla in grado di intervenire in modo corretto; inoltre il 58% degli intervistati si comporterebbe in uno dei modi assolutamente sconsigliati, per esempio inserendo qualcosa in bocca o tenendo fermo il bambino”. Operazioni, è bene sottolineare, che anziché aiutare l’individuo vittima della crisi potrebbero determinare ulteriori problemi: come la provocazione di lussazioni mandibolari, fratture dentarie e dolori muscolari intensi. Deve far riflettere, inoltre, un’altra ammissione fatta dal 70% dei docenti intervistati: in caso di attacco epilettico in classe chiamerebbero, infatti, l’ambulanza. Un intervento, quest’ultimo, invece da riservare soltanto a casi molto particolari.

Docenti ed educatori farebbero bene a sapere che la malattia è molto meno rara di quanto si pensi: solo in Italia l’epilessia interessa circa 500.000 persone. Si tratta di una malattia neurologica che si manifesta sotto forma di disturbi improvvisi e transitori, le cosiddette crisi, che dipendono da un’alterazione della funzionalità dei neuroni. Esistono crisi di entità e gravità differenti e la forma più conosciuta di crisi è quella convulsiva, comunemente definita come Grande Male. Le cause dell’epilessia sono molteplici, e possono variare da lesioni o malformazioni cerebrali fino a cause genetiche.
Tornando all’indagine, un dato abbastanza preoccupante è la segnalazione, da parte della maggioranza degli insegnanti intervistati, che ai bambini epilettici non può essere assicurata la giusta assistenza in orario scolastico: “il 67% dichiara di avere difficoltà nel somministrare farmaci antiepilettici durante la permanenza del bambino a scuola”.
L’indagine della Lice ha anche messo in luce come gli insegnanti abbiano una visione erronea di quanto questa patologia incida sul rendimento del bambino a scuola: più del 40% ritiene che un bambino con epilessia abbia la necessità di un sostegno scolastico, mentre un insegnante su quattro ritiene che l’epilessia possa causare disturbi mentali e/o del comportamento.
Decisamente significativi sono stati pure i risultati sulla percezione dei limiti che l’epilessia pone alle attività quotidiane dei pazienti: “quasi il 65% è dell’opinione che l’epilessia ponga importanti limitazioni alla guida degli autoveicoli; il 40% degli insegnanti ritiene che la patologia limiti l’attività lavorativa in generale; il 33% che l’epilessia ostacoli l’attività sportiva”. Decisamente lontano dalla realtà un insegnante su tre, quando dichiara che l’epilessia possa rappresentare un impedimento al matrimonio e uno su quattro invece la reputa un serio ostacolo alla procreazione. E meno male che il
75% dei prof interessanti avrebbe ammesso di avere avuto almeno un’esperienza diretta.

Alessandro Giuliani

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