Al liceo classico Berchet di Milano, la correzione dei compiti in classe avverrà, su proposta del dirigente, come per certi concorsi e per la correzione dei test universitari: gli insegnanti della classe A correggeranno i compiti della classe B e a seguire e in base alle sezioni. La motivazione sarebbe quella di garantire più equilibrio nelle valutazioni, più equità agli studenti, e fermare “certi insegnanti sadici che usano il voto a mo di manganello”, come scrive il Corriere della Sera.
Tuttavia, secondo Paola Mastrocola, scrittrice e insegnante di lettere al liceo Augusto Monti di Chieri, in questo modo ne verrebbe fuori “una scuola senz’anima, condita da prove asettiche e che sarebbe una esperienza disastrosa ”
Disastrosa perché “vogliamo una scuola che misuri oggettivamente, per questo è da un po’ di anni che si è diffusa come prova il test. In questo modo si può cambiare il docente che corregge, basta che il test sia il più possibile oggettivo e tecnico. A me una scuola che va in questa direzione non piace. Stiamo abolendo non solo il rapporto personale tra studenti e insegnanti ma anche la soggettività sia dell’insegnamento che dell’apprendimento. Tutto deve essere appiattito perché sia misurabile con criteri standard nazionali, europei, mondiali.”
Su questo altare, continua la docente-scrittrice, “da dieci anni tutti i ministri hanno abolito il cosiddetto tema, che era la prova più creativa, libera e bella. Al suo posto abbiamo le verifiche oggettive, i test a domanda multipla, delle prove asettiche insomma. In questo modo magari guadagniamo l’oggettività, ma il ragazzo non è più messo nella condizione di esprimere ciò che è lui, singolarmente, la sua ricchezza. Ecco, si perde il valore dell’originalità individuale.”
Ci sarebbe invece, secondo Mastracola “ il problema della diversità degli insegnanti. È vero, si rischia di avere sette o otto, a seconda del professore, il vantaggio però è di avere delle persone diverse. La diversità degli insegnanti è sempre stato il nostro bello. Il fatto di correggere i compiti dei propri allievi magari non è equo ma fa parte di un lavoro che dura tre anni, dove entra in gioco la conoscenza reciproca. Ed è chiaro che i temi devo correggerli io, perché sono io a mandare il messaggio e io lo devo ricevere. Se invece vogliamo abolire il messaggio, allora va bene che le prove siano tutte uguali, comuni, oggettive. Però manca l’anima e a me fa molta paura una scuola senz’anima. Nel bene e nel male il rapporto personale è tutto. Però anche questo è destinato a sparire, forse avremo insegnanti online, forse vogliamo insegnanti che inviino la prova agli studenti davanti ai loro computer e poi si aggirino tra i banchi per vedere che tutto funzioni. Così non c’è più un rapporto culturale e affettivo, però. Non a caso, mi sembra che vogliano sostituire la parola insegnanti con “facilitatori”.
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