Mentre molte regioni del Nord sono interessate sia da flussi in uscita che in entrata di studenti universitari, quelle del Mezzogiorno conoscono solo quelli in uscita. Il quadro della mobilità tra macro-aree geografiche attesta che al 28 per cento di ragazzi meridionali che si immatricolano in un ateneo del Centro-Nord corrisponde una mobilità inversa dell’1,8 per cento.
Dunque si corre il rischio, secondo Lavoce.info, che il moto unidirezionale verso possa produrre, nel medio termine, effetti esiziali per le università meridionali. A ciò si aggiunge il fatto che, nelle dinamiche della trasmissione dei saperi, gli studenti concorrono fattivamente alla qualità dei processi formativi. A emigrare sono in maggioranza ragazzi che provengono da un contesto socio-familiare più agiato, che spesso hanno avuto un percorso formativo più sorvegliato e che non di rado arrivano all’università disponendo di competenze iniziali migliori. Riuscire a trattenere questi studenti, o richiamarne da altre regioni, è importante al pari dell’attrazione di risorse economiche.
La fuoriuscita, si legge sul sito della Voce.info, emorragica di forze tra le migliori del Sud Italia rendono deboli non solo le potenzialità di sviluppo del Meridione, ma non di meno quelle del paese. Difficilmente l’Italia riuscirà a tornare a tassi di crescita consistenti senza il contributo del Sud dove, mancando flussi in entrata di giovani provenienti da altre aree geografiche, è sempre più difficile l’innescarsi di processi innovativi e di rottura di sistemi tradizionali di gestione delle risorse.
Rifarsi all’Erasmus è soltanto un modo per affrontare la questione, perché, per come è concepito quel modello, è impossibile che possa riguardare gli scambi Nord-Sud.
Ecco perché invece occorrerebbe replicare il modello Erasmus all’interno di un solo stato, soprattutto quando vi sono disparità di condizioni socio-economiche tra le sue diverse aree. Pensare a un modo, come suggeriscono le Sardine, per rendere biunivoci gli scambi è interessante e potrebbe avere ricadute positive. Si potrebbe ad esempio ideare un sistema simile a quello spagnolo, in cui si favorisce la mobilità tra diverse università entro i confini nazionali, magari prevedendo borse di studio particolarmente favorevoli per chi sceglie di trascorrere periodi in università che sono localizzate nei contesti socio-economici in maggiore difficoltà. Contemporaneamente, andrebbe favorita la mobilità dei docenti e di altri dipendenti della pubblica amministrazione. Programmi di questo tipo potrebbero probabilmente essere finanziati all’interno di specifiche misure europee.
Ragionare sul problema della formazione in un’ottica d’insieme è importante per l’università italiana e non per le università del Sud, così come capire come fermare lo spopolamento e l’impoverimento di capitale umano del Meridione non è un problema del Sud, ma del paese.
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