Era un artista, un grande artista di quelli che lasciano il segno e Ermanno Olmi lo ha lasciato nel cinema, del quale era maestro regista illustre e ora compianto.
È morto proprio nella notte di ieri, domenica, all’ospedale di Asiago: aveva 87 anni. Olmi aveva espresso il desiderio di trascorrere le sue ultime ore nella casa di contrada Val Giardini di Asiago, ma purtroppo la morte è sopraggiunta prima che la famiglia potesse organizzare il trasporto per esaudire la sua ultima volontà.
Di Treviglio, in provincia di Bergamo, era di origine contadina e dalle profonde convinzioni cattoliche.
Debutta nel lungometraggio con Il tempo si è fermato (1959), una storia imperniata sull’amicizia fra uno studente ed un guardiano di diga che si dipana nell’isolamento e la solitudine tipici della montagna; sono i temi che si ritroveranno anche nella maturità, una cifra stilistica che privilegia i sentimenti delle persone “semplici” e lo sguardo sulle condizioni provocate dalla solitudine.
Il grande successo arriva nel 1977 con quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto, L’albero degli zoccoli, che si aggiudica la Palma d’oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero.
Lo ricordiamo con affetto e struggimento, anche per i suoi interventi scritti su tutti i tempi più sensibili di questa società, dalla scuola al costume e anche per i suoi variegati interessi letterari.
Uomo semplice, intellettuale raffinato, colto, modesto, dovrebbe essere da esempio per i nostri giovani che si lasciano prendere troppo spesso da conati d’ira e spocchiosi forme di contrapposizione. Amico di Pasolini, la sua scomparsa lascia un vuoto, non retorico, ma reale e tangibile nella cultura italiana che di persone come lui avrebbe grande bisogno.
I funerali si svolgeranno in forma strettamente privata, come desiderava, in linea con una vita piena di affetti e amicizie ma riservata.
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