Il tema della eliminazione dell’esame di Stato, quello che un tempo si chiamava maturità, torna periodicamente nel dibattito sui problemi della scuola.
Non mancano i lettori che ci scrivono e che sottolineano anche che l’esame ha ormai perso gran parte del suo valore. Lo stesso voto finale serve a poco perché non sempre se ne tiene conto per l’iscrizione all’università o per i test di ammissione.
§Per la verità ogni tanto c’è anche qualche forza politica che parla di eliminazione della “maturità” ma senza tenere ben conto delle difficoltà che comporterebbe un provvedimento del genere.
L’esame di Stato, infatti, è espressamente previsto dall’articolo 33 della Costituzione che recita: “E’ prescritto un esame di Stato per la ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi”.
Questo significa che per eliminare l’esame di Stato conclusivo è necessaria una legge costituzionale che richiede una procedura lunga e complessa.
In genere, per approvare una legge costituzionale, sono necessari un paio di anni.
Peraltro neppure l’esame di terza media può essere eliminato con un decreto ministeriale o con una legge ordinaria: anche quello, infatti, è un esame di Stato che arriva a conclusione del primo ciclo di istruzione.
Agli inizi degli anni duemila venne eliminato l’esame di quinta elementare (anche quello era considerato “di Stato”) ma il problema venne aggirato: scuola primaria e scuola secondaria di primo grado vennero aggregate in un unico ciclo di istruzione e quindi non fu più necessario prevedere l’esame al termine delle elementari.
Fino al 1977 la scuola elementare era articolata in due cicli tanto e fino a quell’anno anche al termine della seconda classe gli alunni sostenevano un vero e proprio esame di Stato, che venne abolito con la legge 517 di quell’anno che prevedeva che la scuola elementare non fosse più suddivisa in cicli.
Insomma: eliminare gli esami di Stato si può fare, o con una legge costituzionale o con una riforma ordinamentale. Ma il percorso è complesso.
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