I circa 500mila studenti che attualmente frequentano la quinta superiore, per essere ammessi alla maturità, dovranno solo «partecipare» ai test, a prescindere quindi dal giudizio ottenuto. Che non influenzerà, pertanto, l’accesso agli esami; nè tanto meno peserà sul voto finale. A differenza invece della scuola-lavoro, oggi rinominata «Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento».
Lo scrive Il Sole 24 ore che ha sentito Anna Ascani.
E allora i ragazzi, per partecipare agli esami di stato 2020, dovranno, obbligatoriamente, aver svolto le ore minime di formazione scuola-lavoro nel triennio, vale a dire almeno 90 ore nei licei, almeno 150 nei tecnici, almeno 210 nei professionali.
L’alternanza, poi, varrà anche all’esame vero e proprio, in particolare al colloquio orale, nel corso del quale dovranno relazionare sull’esperienza “on the job” svolta attraverso una breve relazione o un elaborato multimediale.
Secondo la vice ministra dell’Istruzione, Anna Ascani «è una prova di serietà e responsabilità – spiega al Sole 24 Ore -. Le prove Invalsi non incideranno sul voto dell’esame; e, a mio avviso, debbono essere utilizzate come indicatore per misurare, in generale, il sistema scolastico. Sono utili cioè per conoscere punti di forza e di debolezza; e in quest’ultimo caso, possono aiutare il ministero a mettere in campo azioni di accompagnamento a vantaggio dei singoli istituti più in difficoltà».
Nessun ripensamento è previsto, mentre lo stesso Invalsi, in questi anni, «ha fatto un lavoro per far evolvere lo strumento».
«Auspico tuttavia un aumento di ore e fondi almeno nei tecnici e professionali. Del resto, le nuove linee guida consegnate agli istituti servono innanzitutto a chiarire che non si tratta di snaturare la scuola o di chiedere alle imprese di fare scuola. Si tratta di dare ai ragazzi la possibilità di comunicare con il mondo esterno. E, al tempo stesso, di dare la possibilità alle imprese di conoscere quello che si fa a scuola».
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