Anche quest’anno le prove Invalsi avranno una parte importante nella valutazione conclusiva degli alunni che portano a termine il corso del primo ciclo di istruzione.
Da alcuni anni i test Invalsi fanno parte integrante delle prove finali dell’esame di “terza media”, ma le perplessità sulla loro reale validità sul piano docimologico continuano a permanere.
Per un certo periodo le prove erano obbligatorie ma le scuole erano libere di tenere conto dei risultati per definire la votazione complessiva da attribuire agli alunni.
Adesso, invece, il punteggio del test deve “fare media” con tutto il resto, e cioè sia con le restanti prove d’esame sia con gli esiti scolastici dell’anno in corso.
Rispetto alla soluzione attuale non mancano né i pro né i contro.
Per esempio chi è favorevole sottolinea che questo induce gli studenti a misurarsi con un esame “vero” il cui esito dipende anche da una prova “ad hoc”.
I contrari sottolineano che in questo modo si sminuisce l’importanza di un intero percorso scolastico; senza considerare che le prove Invalsi potrebbero indurre gli studenti a studiare per imparare a superare il test e non ad acquisire conoscenze e competenze
Trovare una via d’uscita che metta d’accordo favorevoli e contrari non è facile.
Forse il meccanismo dovrebbe garantire che la votazione “in ingresso” non possa comunque abbassarsi con l’esame che potrebbe servire, tutt’al più, a migliorare il punteggio iniziale. Un po’ come – di fatto – accade con la discussione della tesi di laurea che può servire in genere a migliorare la “media” con cui si conclude il cicolo di studio ma non a peggiorarla.
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