Il nome è improprio anche perchè nel certificato di diploma che viene rilasciato dalla scuola e nei verbali che la commissione elabora, viene scritto: il candidato ha superato (o non ha superato) gli esami e non già il candidato è dichiarato maturo (o non maturo).
Sono stati esami di maturità dal 1969 quando il ministro della pubblica istruzione, allora infatti l’istruzione si riteneva pubblica, Fiorentino Sullo su spinta della contestazione studentesca del “68 modificò, non solo la formula degli esami di stato, chiamandoli appunto di maturità, ma anche tutti quegli esami propedeutici per proseguire gli studi come per esempio quelli che dal ginnasio consentivano il passaggio al liceo.
Sullo dunque rinnovò l’esame di stato introducendo solo due prove scritte e quattro materie orali annunciate dal ministero qualche mese prima dell’evento.
La legge prevedeva che delle quattro discipline orali, una fosse scelta dalla commissione e una dal candidato, per cui agli effetti pratici i ragazzi studiavano non quattro ma solo due materie, sostenuti in questo dall’unico membro interno che faceva un po’ da staffetta tra alunni e commissari esterni.
Questo era l’esame di maturità e maturo era dichiarato il candidato che superava l’esame e che dal 1969 arrivò immutato fino al 1997, quando il ministro pro tempore della pubblica istruzione, allora era ancora pubblica, Luigi Berlinguer lo chiamò “Esame di stato”, proprio perchè era sua ferma intenzione di rinnovare quella che lui oggi chiama “burletta” delle sole due materie orali.
Reintrodusse contestualmente tutte le materie, così com’era prima della modifica di Agostino Sullo, e la riformulazione della commissione stessa così come la conosciamo oggi: metà interni e metà esterni.
Saltiamo la parentisi della ministra Letizia Moratti, che vole esterno solo un presidente per tutte le commissioni di una stessa scuola, ma l’esame di maturità in ogni caso non c’è più, è scomparso, è del secolo scorso: oggi si chiama esame di stato, solo esame di stato.
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