Finalmente sono partiti gli esami di maturità. Finalmente, cioè, si va alla sostanza formativa della scuola. Perché anche la scuola, come gran parte della nostra vita, oggi sembra sempre più dipendere da logiche burocratiche. Una burocrazia mentale, prima che operativa. Il percorso di preparazione a questi esami, le ansie che li accompagnano, sono stati soprattutto per gli aspetti formali, procedurali, non su quelli sostanziali. Quelli che vedono al centro i nostri ragazzi, il loro presente e soprattutto il loro e nostro futuro.
Sempre più, provare per credere, attraverso ordinanze la logica centralista dei burocrati di Stato, nascosti nei ministeri, si concentrano su tutti gli aspetti procedurali di tutti gli atti pubblici, compresi questi esami. Cambiano cioè i ministri, ma questa prassi non cambia. Quella che assegna al pensatoio ministeriale il compito di dire quello che devi e non devi fare. Indipendentemente dal risultato, cioè dagli esami, dal loro valore formativo e culturale. Gli studenti cioè non sono al centro, come non è al centro il valore culturale della scuola. E non ci si fida dei presidi e dei docenti, della loro capacità autonoma di articolare, sulla base di standard comuni, questo momento finale del percorso di studio. Non sono considerati professionisti.
No, tutto deve essere prefigurato, previsto, strutturato. La burocrazia, in poche parole, è una mentalità che ha un pensiero negativo, fondato sull’idea negativa della responsabilità. Perché non ha il risultato come compito, ma ha un solo interesse, cioè la procedura. Per prevenire i potenziali ricorsi, questa la motivazione. Invece cioè di dire e riconoscere alla professionalità degli operatori un margine di autonomia nella articolazione dell’esame, si preferisce appunto dire anche le virgole.
La logica dell’algoritmo ha invaso dunque anche la scuola. Capisco bene, quindi, la stanchezza di presidi e docenti. Perché non hanno scelto un percorso culturale, da giovane, per poi ridursi a fare i burocrati, a vincolare il sapore del proprio e comune pensare alle procedure, quindi ai format e alle carte prima cartacee, oggi virtuali. Mentre la vita è esperienza di responsabilità ma anche di discrezionalità, una sorta di modello, e quindi di pensiero unico, ha preso dunque il sopravvento. E il cuore culturale e formativo, il bello dell’ultima volta di questi ragazzi con questi esami? Solo sullo sfondo.
E pensare che, sul piano della effettiva realtà di questi esami, se togliamo la problematicità ma anche la bellezza di questa ultima volta nella propria scuola, oramai non servono più. Perché tutti vengono promossi, quasi al 100%. Per cui, vale la domanda: questa burocratizzazione non li ha di fatto già resi insignificanti? Le università, lo sappiamo, già non li prendono sul serio, come il mondo del lavoro. Mi verrebbe da citare il grande Verga: “senza pilota barca non cammina”. Ed i piloti siamo tutti noi, sono i presidi e i docenti in questi esami. L’augurio è che mettano tra parentesi le ansie formali, e che ritrovino il cuore culturale, non nozionistico, di questi esami, ricordando che sono comunque esami di maturità, al di là del burocratese.
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