Non possiamo fingere una tranquillità che non c’è, siamo privi di gioia e questo è il sentire al tempo del Covid. Adolescenti e giovani dimenticati e pagano un prezzo alto nel tempo della crescita. Mancheranno i riti di passaggio: la festa ai cento giorni dall’esame, il pranzo di fine anno, la notte brava e insonne prima degli esami….e i compagni ad ascoltare l’esame costretti a scegliere uno tra i tanti per farsi accompagnare come regolamento impone. Uno rito stantio e inutile.
Ragazzi provati e insolenti tra elaborati copia e incolla, analisi del testo stiracchiato, esperienza di alternanza scuola lavoro interrotta de visu e corsi telematici, curriculum dello studente completato per inerzia…risposte ad argomenti svolti durante l’anno da stupidario e tanto sudore in aule senza aria condizionata e esposte al sole. Poi se ci mette lo zampino la rete internet è una tragedia per i verbali, commissione web…un esame decisamente superato, con commissari interni che riportano le stesse dinamiche del CDC degli scrutini, talvolta anche più tristi e cattive e un presidente che deve saggiamente barcamenarsi in un sistema patologico e non sempre ci riesce.
Ed ecco servito su un piatto d’argento i ricorsi. E, i sintomi. In un sistema malato, solitamente, l’anello debole, alunno fragile, è l’agnello sacrificato (il sintomo). A chi serve questo esame di Stato? Una scuola incapace di insegnare bellezza è una scuola che non è più esercizio di libertà. Ed anche il libro più bello che è la nostra Costituzione, usato e sciupato, nonostante l’insegnamento della educazione civica trasversale ad ogni disciplina, obbligatoria quest’anno. Fermiamoci! Stiamo impoverendo generazioni e ipotecando il futuro.
Rosaria Scaraia
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