Il dibattito si apre sempre in questo periodo, quando ci sono da fare scelte in previsione della scadenza degli esami di stato (che non sono più di maturità) a giugno.
E in tale dibattito si scontrano varie posizioni, da chi li vorrebbe abolire del tutto, per uno scrutino finale complessivo, a chi li vorrebbe affidare a una commissione dei soli docenti interni, a chi vorrebbe lasciarli così come sono, metà interni e metà esterni con due verifiche scritte e il colloquio multidisciplinare, a chi prospetta una commissione tutta esterna con tutte le verifiche scritte e orali (come prima del 68), a chi chiede addirittura di abolire il valore legale del titolo di studio e lasciare agli enti certificatori il rilascio del diploma, a chi reclama ancora di abolire le prove scritte, lasciando solo il colloquio orale, a chi si chiede se non sia meglio rilasciare un certificato delle competenze acquisite ma con due opzioni: dopo un esame su tutte le materie oppure con lo scrutinio finale del consiglio di classe ma senza bocciature per entrambe le proposte.
In pratica, in quel documento delle competenze vengono tracciate le abilità raggiunte dall’alunno, sarà poi il datore di lavoro o l’università a fare la differenza, con l’ipotesi pure della ripetizione dell’anno se il candidato lo ritiene opportuno per il suo avvenire.
Nell’attesa di vagliare tutte queste proposte, la realtà sta sempre nel mezzo e i ministri preferiscono tirare a campare piuttosto che afferrare il toro per le corna e dare una del tutto nuova impronta a questo rito che si ripete anno per anno, contestazione per contestazione, lamenti per lamenti come quelli che incominciano ad affiorare dopo un anno e rotti di pandemia da Covid.
Di sicuro c’è ormai che la percentuale dei promossi agli esami conclusivi dell’intero ciclo è quasi il 100%, che il classico voto unico complessivo dice poco della effettiva preparazione del candidato, che una commissione di soli membri interni elimina perfino quel minimo di scambio e di interazione fra proposte didattiche fra docenti di materie affini e fra scuole affini.
“Sull´’esame di Stato si sta ripetendo il solito copione che va in scena in Italia: si fugge dal nodo centrale del problema. La questione principale non ruota intorno ai commissari interni o esterni, ma al valore legale del titolo di studio. Istituire commissioni composte soltanto da docenti interni non sarebbe una novità, visto che l´esperimento fu tentato già dall´’ex ministro Moratti e si rivelò un flop. Se si vuole davvero cambiare l’esame di Stato, occorre aprire un dibattito culturale serio che coinvolga anche il tema dell´autonomia scolastica”. Così un comunicato di qualche anno fa, quando si ventilò la solita riforma annacquata degli esami.
Con l’aggiunta, a proposito dell’abolizione del valore legale del diploma: “In Italia il diploma di Maturità ha valore legale perché a stabilirlo fu il 90% dell´Assemblea Costituente e i commissari esterni servono per garantire uniformità su tutto il territorio nazionale. Modificare questo sistema è una scelta politica che va dibattuta in Parlamento e non deve essere un´operazione dettata da vari motivi”.
Come saranno “riformati” anche quest’anno ancora non sappiamo, visto che, a occhio e croce, quasi ogni ministro che si è succeduto sul soglio della Minerva lo ha fatto, compreso Marco Bussetti che inventò la busta col sorteggio.
Un altro caso relativo ad una persona esterna alla scuola che si è introdotta in…
I docenti, soprattutto coloro che insegnano nella scuola secondaria di secondo grado, sono frustrati perché…
Si è svolto lo scorso 20 novembre al Ministero dell'Istruzione e del Merito l’incontro di…
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Ministro dell’Istruzione…
Continuano in modo frenetico gli incontri tra organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL 2019/2021 e i…
L'insegnante di sostegno che è stata aggredita da una schiera di trenta genitori inferociti è…