Il dibattito si apre per lo più in questo periodo, quando i ragazzi e prof sono impegnati con gli esami di stato (che non sono più di maturità).
E in tale discussione si vengono a rilevare varie posizioni: da chi li vorrebbe abolire del tutto, per uno scrutino finale complessivo, a chi li vorrebbe affidare a una commissione dei soli docenti interni, a chi vorrebbe lasciarli così come sono, metà interni e metà esterni con due verifiche scritte e il colloquio multidisciplinare, a chi prospetta una commissione tutta esterna con tutte le verifiche scritte e orali (come prima del 68), a chi chiede addirittura di abolire il valore legale del titolo di studio e lasciare agli enti certificatori il rilascio del diploma, a chi reclama ancora di abolire le prove scritte, lasciando solo il colloquio orale, a chi si chiede se non sia meglio rilasciare un certificato delle competenze acquisite ma con due opzioni: dopo un esame su tutte le materie oppure con lo scrutinio finale del consiglio di classe ma senza bocciature per entrambe le proposte.
In pratica, quest’ultima proposta punta in un documento delle competenze nel quale vengono tracciate le abilità raggiunte dall’alunno a fine percorso scolastico. Sarà poi il datore di lavoro o l’università a fare la differenza, fermo restando l’ipotesi della ripetizione dell’anno se il candidato ha una certificazione con numeri tanto bassi da indurlo a ripetere l’anno per recupere laddove le carenze gli possono bloccare la carriera.
Tuttavia, nell’attesa di vagliare tutte queste proposte, la realtà sta sempre nel mezzo e i ministri preferiscono tirare a campare piuttosto che afferrare il toro per le corna e dare una del tutto nuova impronta a questo rito che si ripete anno per anno, contestazione per contestazione, lamenti per lamenti come quelli che affiornao sempre a fine anno.
Di sicuro c’è ormai che la percentuale dei promossi agli esami conclusivi dell’intero ciclo è quasi il 100%, che il classico voto unico complessivo dice poco della effettiva preparazione del candidato, che una commissione di soli membri interni elimina perfino quel minimo di scambio e di interazione fra proposte didattiche fra docenti di materie affini e fra scuole affini.
“Sull´esame di Stato si sta ripetendo il solito copione che va in scena in Italia: si fugge dal nodo centrale del problema. La questione principale non ruota intorno ai commissari interni o esterni, ma al valore legale del titolo di studio. Istituire commissioni composte soltanto da docenti interni non sarebbe una novità, visto che l’esperimento fu tentato già dall’ex ministra Letizia Moratti e si rivelò un flop. Se si vuole davvero cambiare l´esame di Stato, occorre aprire un dibattito culturale serio che coinvolga anche il tema dell´autonomia scolastica”.
Così un comunicato di qualche anno fa, quando si ventilò la solita riforma annacquata degli esami.
Con l’aggiunta, a proposito dell’abolizione del valore legale del diploma: “In Italia il diploma di Maturità ha valore legale perché a stabilirlo fu il 90% dell´Assemblea Costituente e i commissari esterni servono per garantire uniformità su tutto il territorio nazionale. Modificare questo sistema è una scelta politica che va dibattuta in Parlamento e non deve essere un´operazione dettata da vari motivi”.
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