L’abolizione del valore legale del titolo di studio sembra legare l’attuale governo “penta-leghista”, e, in occasione della ulteriore, contestata riforma degli esami di stato di questi giorni, potrebbe essere una buona opportunità per riaprire un dibattito sulla valutazione dei canditati, che avviene con un solo voto numerico, il quale, se per un verso riempie i vuoti, dall’altro li svuota pur una media comunque ambigua, che tutto e nulla dice della effettiva preparazione nei vari ambiti disciplinari studiati a scuola.
La prospettiva infatti potrebbe essere quella di rilasciare un attestato delle competenze raggiunte dall’alunno nel corso dei cinque anni di istruzione secondaria superiore, con un voto preciso per ciascuna materia, in modo che, sia nei confronti del datore di lavoro, e sia nei confronti della iscrizione all’università, si sappia la mappa alquanto precisa delle sue competenze raggiunte.
I tanti sostenitori e no dell’abolizione del valore legale del titolo di studio precisano, fra le altre cose assai più tecniche dentro cui farebbero la comparsa le associazioni professionali, che agli esami di Stato si potrebbe abolire persino la bocciatura se venisse recuperato un esame in tutte le materie dell’ultimo anno, con scritto e orale, a conclusione del quale si certificassero le competenze, come attualmente avviene col “Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)” ma che dovrebbe però essere esteso indistintamente a tutte le materie e con similare capacità descrittiva e per livellare le abilità conseguite da chi è andato a scuola per 13 anni.
In pratica (ma l’abolizione del valore legale si potrebbe pure evitare) a compimento degli esami di stato, al candidato con insufficienze “certificate” si potrebbero aprire due possibilità: recuperare le sole materie carenti a scuola; avventurarsi nel mondo del lavoro, avendo però come viatico quel diploma, contrassegnato dal valore di ciascuna delle sue competenze.
Come è facile capire si tratta di ipotesi che per lo più traggono spunto sia da precedenti che da recentissimi dibattiti, nati dopo le note denunce sulle scopiazzature dei candidati e una certa ritualità un po’ stanca degli esami, mentre continua lo scambio, a punta di penna, fra chi vorrebbe togliere del tutto gli esami di stato e chi invece ne vorrebbe una loro più severa conservazione.
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